LETTERA DI UN’EMILIANA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Riportiamo la lettera di Cristiana Casarini, di Finale Emilia, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


Egr. Presidente,

mi chiamo Cristiana Casarini, sono una donna disabile di 42 anni, e le scrivo da Finale Emilia, paese giunto alla notorietà per il drammatico evento tellurico di maggio. I due sismi che si sono succeduti nell’arco di 10 giorni hanno distrutto gran parte della mia cittadina; troppo del patrimonio artistico, monumentale e culturale è crollato sotto i colpi inesorabili e violenti del terremoto cancellando i simboli delle nostre radici. Ma è ancora poca cosa. C’è da registrare l’inagibilità di molte case, fienili, aziende agricole, industrie, capannoni di artigiani, così come le sedi dei servizi pubblici (Comune, Ospedale, Centro per l’impiego, Servizi Sanitari e di supporto, ecc).

Grazie ai privati cittadini e al lavoro incessante dell’Amministrazione Comunale stiamo resuscitando. Al nostro fianco riconosciamo la solidarietà della gente, quella cosiddetta comune ma che di comune ha ben poco. A loro dobbiamo i gesti straordinari del sacrificio, dell’impegno, del sostegno economico. Qui sono giunti tanti volontari, e accanto a loro altrettante persone che hanno lasciato la comodità della propria casa e del proprio lavoro per vivere nelle tende a fianco dei terremotati.

E in tutto questo lo Stato dov’era? Io non glielo so dire. Segnalo la scomparsa dello Stato tanto da essere tentata di avvisare “Chi l’ha visto?”.

Ciò non basta.

Mentre in Parlamento viene respinta la proposta di abolire il vitalizio per i politici, a noi viene chiesto di pagare l’IMU, di onorare le scadenze delle bollette, di versare le tasse con tanto di arretrati. Nessuna proroga, nessuna area no tax, nessun diritto. Noi dobbiamo, i politici vogliono.

Presto sarà il momento del suo saluto alla Nazione che introdurrà il 2013, e come sempre sarà pieno di parole, di indirizzi, e come sempre sarà vuoto. Vuoto di esempi dopo che abbiamo appreso dell’aumento del suo stipendio, vuoto di carisma visto che quando lei (ogni tanto, troppo poco spesso) indica una direzione viene puntualmente eluso, vuoto di etica considerato che ha lasciato a Monti mano libera di annegare di doveri e sacrifici gli italiani.

Per noi questo sarà un triste Natale, non per il ricordo del terremoto, non per la fatica di ricostruire tutto, ma perché non ci sentiamo più protetti, amati, aiutati. Forse non abbiamo pianto abbastanza, forse abbiamo tenuto le lacrime per noi e ci siamo rimboccati le maniche troppo presto, forse dovevamo interpretare una sceneggiata, tendere le mani tremanti e lasciare che tutto ci cadesse dall’alto. Non è nella nostra indole, noi non siamo fatti così. Siamo andati avanti anche se la strada era impervia, faticosa e piena di rovi che ci ferivano la pelle e l’anima.

Signor Presidente, se non lo avesse ancora capito qui la gente sta crollando, esattamente come hanno fatto le pietre della nostra Torre divenuta, ahimè, il simbolo del terremoto, qui la gente non ha solo fame di cibo (e mi creda ce ne sono delle persone in stato di povertà) ma ha fame di giustizia, ha fame di umanità, ha fame di Stato. Ma allo Stato non importa tutto questo. Lo Stato non si chiede se è giusto sospendere le imposte per 6 mesi e poi farle pagare tutte in una volta senza rateizzazione, lo Stato non riflette sulla diversità di trattamento delle persone coinvolte in questo terremoto rispetto ad altri accaduti nel passato, lo Stato non ascolta gli appelli dei Comuni o della gente. Lo Stato è sordo, è muto, è indifferente. Lo Stato è ben attento però ad accontentare la Cancelliera Merkel, lo Stato è attento a salvaguardare le banche, quelle stesse banche che hanno speculato portando l’Italia alla forca, lo Stato è deciso a preservare i propri privilegi, a custodire le proprie poltrone, a conservare il vantaggio di spendere e spandere senza morale e senza vergogna, e senza ideali.

Presidente Napolitano, quest’anno se vuole augurarci un buon proseguo faccia qualcosa di concreto ed eviti discorsi prolissi e retorici. Presidente quest’anno onori la vita dei suoi cittadini e la bandiera tricolore: prenda ai politici e dia ai terremotati, tolga i vitalizi, i benefit, i rimborsi elettorali, diminuisca le auto blu, tagli il numero dei parlamentari e dia tutti questi soldi (e sono davvero tanti) alle aziende agonizzanti, e soprattutto, Presidente, si batta perché la politica torni ad essere davvero l’arte del saper governare, perché dei giullari ne abbiamo avuto abbastanza.

Signor Presidente prima della fine del suo mandato faccia qualcosa che resterà nella storia come l’esempio di chi ama davvero i propri connazionali: non faccia morire i Comuni, non faccia morire la gente.

Presidente Napolitano per questo Natale le auguro di voler cambiare quelle cose che solo lei è in grado di cambiare.

Distintamente.

Cristiana Casarini

Finale Emilia, 19 dicembre 2012