Trattamento differente riservato agli edifici A,B,C
Articolo da ilCentro.it, 21 maggio 2010 (Enrico Nardecchia)
Niente soldi per riparare la casa abitata dal figlio ma di proprieta’ del padre. Questa l’ultima grana segnalata dai tecnici alle prese coi progetti delle case E (danni strutturali). Un’interpretazione restrittiva della norma rischia di lasciare a piedi i figli non proprietari.
NIENTE CONTRIBUTO. Sono state bocciate, al termine della regolare trafila Comune-Fintecna-Reluis-Cineas, svariate pratiche che si presentano con queste caratteristiche. Si tratta, a titolo di esempio, di appartamenti facenti parte di immobili a due piani dove uno e’ occupato dal padre e l’altro dal figlio. Alloggi indipendenti, dunque, in tutto e per tutto, con utenze differenti, ma di cui il figlio e’ titolare del semplice diritto di uso pur non risultando proprietario. In sostanza, secondo quanto riferito dall’esperienza diretta di alcuni tecnici incaricati di curarne la progettazione dei lavori di restauro, in questo modo non viene assicurata la totale copertura della riparazione dell’immobile. Infatti, vengono erogati soltanto i soldi necessari per le riparazioni di un appartamento, quello di chi ne risulta proprietario. Niente soldi né alle parti comuni né alla struttura nel suo complesso, né tantomeno per l’appartamento usato dal figlio.
LA CASISTICA. Finora l’intoppo si e’ ripetuto in diversi casi. Sono molte le persone che si trovano in questa condizione. Alla luce di quanto avvenuto per la riparazione dei danni alle abitazioni classificate A, B e C, ovvero senza danni strutturali, i professionisti denunciano quella che si profila come una vera e propria disparita’ di trattamento. Chi vive in una casa E di cui non e’ proprietario e che fa parte di un immobile intestato al genitore, infatti, rischia di non prendere i soldi per il suo appartamento. Nel caso delle abitazioni A, B e C, con le medesime caratteristiche quanto ai diritti di proprieta’, in ambito familiare, nel caso di due soggetti diversi che occupano alloggi distinti finora la prassi e’ stata quella di concedere il 100 per cento di contributo per la riparazione dei danni sia alle parti comuni sia alla struttura sia ai singoli appartamenti. Insomma, in caso di padre e figlio nello stesso immobile, tre pratiche presentate e altrettante finanziate: parti comuni, primo e secondo appartamento. Lo stesso modello, riproposto anche per le case che presentano danni strutturali, sembra destinato a non avere uguale destino. Tra l’altro, sottolineano i tecnici, il mancato riconoscimento del contributo impedisce la riparazione totale dello stabile nel suo complesso, il che contrasta con la finalita’ della normativa che riguarda l’intero immobile.
IL QUESITO. Su questo, come su altri argomenti, sempre legati alla riparazione delle case danneggiate dal terremoto, e alle procedure da seguire per ottenere i finanziamenti in tempi rapidi, l’Ordine degli Ingegneri e la Fintecna hanno rimesso, nei giorni scorsi, un dettagliato quesito alla Protezione civile. I tecnici vogliono sapere prima di tutto come mai le pratiche non sono state vistate alla stessa maniera di quelle per le case B e C e, poi, quali sono i criteri che vengono adottati per le E, che richiedono lavori più importanti e, dunque, più soldi per il ripristino e l’adeguamento sismico. I professionisti sono in attesa di una circolare di chiarimento per superare questa situazione di stallo. Proprio ora che i lavori alle abitazioni B e C sembrano aver subìto un’accelerazione, come evidenziato dall’apertura dei tanti cantieri, l’incertezza sull’entita’ dei rimborsi rischia di nuovo di inchiodare al palo la ricostruzione cosiddetta pesante.