Da ilCentro.it – L’ordinanza fissa al 6 aprile 2010 la proroga, inizialmente pensata al 31 dicembre 2010.
«Siamo pronti a scioperare». Esce stravolto da una riunione-fiume con un centinaio di associati, il presidente dell’Ordine degli Ingegneri Paolo De Santis, che preannuncia battaglia sulla proroga «troppo ravvicinata» del 6 aprile per le case E e sul tetto agli incarichi per gli studi professionali. «È una sveltina per fare fuori gli aquilani e far sbarcare in citta’ grossi gruppi di speculatori».
L’ASSEMBLEA. Le prime mosse di Chiodi commissario e di Cialente vice non piacciono agli ingegneri. E anche se il presidente della Regione interviene sulla questione delle case E spiegando che il termine definitivo dev’essere ancora fissato e che sara’ frutto di una concertazione con gli ordini, tra i professionisti aquilani c’e’ aria di rivolta. Prima li hanno accusati di aver progettato case che sono crollate. Oggi li accusano di non essere in grado di reggere l’urto delle 15mila case E. Ma gli ingegneri non ci stanno e vanno al contrattacco. Si fa portavoce del disagio il presidente dell’Ordine, l’aquilano Paolo De Santis.
«La proroga al 6 aprile e’ la prima cosa che non va bene. Siamo indignati. Ho interessato tutto il mondo politico aquilano e regionale per chiedere che si faccia finalmente chiarezza sulla questione. L’ordinanza era partita con ben altre premesse. Si era parlato, infatti, di 31 dicembre e poi, inspiegabilmente, si e’ arrivati ad aprile. Dialogo? Macché dialogo, questa e’ una sveltina bella e buona per poi dire che non ce la facciamo e che dobbiamo far venire qualche aiuto da fuori. Penso a grandi gruppi speculativi che stanno alla finestra perché vogliono accaparrarsi l’affare della ricostruzione dell’Aquila. Finira’ come con le case B e C, quando si e’ chiesto aiuto al meccanismo Fintecna-Reluis-Cineas per smaltire le pratiche. E i risultati si sono visti. Come si e’ passati dal 31 dicembre ad aprile?
Cialente mi ha detto che e’ stata un’imposizione dall’alto, pare dal ministero dell’Economia, ma non ci credo. Questa data va cambiata subito. Ci sono ancora grossi problemi per le case E, sulle quali va aperto un confronto serio. A mio parere, questa situazione nasconde, invece, una mossa politica per la cancellazione del mondo imprenditoriale e professionale locale. Se e’ questa la chiave di lettura, ecco il biglietto da visita della nuova struttura commissariale».
TETTO AGLI INCARICHI. «Bisogna capirsi», spiega ancora De Santis. «Sento parlare di tetto agli incarichi, il che può anche esserci, ma non so come vorranno articolarlo. Lo vogliamo prima vedere e poi faremo le nostre valutazioni. Ma dire che la scadenza e’ al 6 aprile significa che da qualche parte si sta giocando su altri tavoli. Non si possono continuare a ignorare tutte le problematiche irrisolte che si presentano riguardo alle case classificate E, soprattutto in relazione alla questione della convenienza economica alla demolizione oppure alla ricostruzione che non e’ quantificata.
A meno che non vi sia gia’ chi ha deciso il da farsi con qualche altra struttura». Ieri, nella sede dell’O dine, un’assemblea con un centinaio di associati ha dettato la linea. In attesa di un documento unitario, gli ingegneri stanno pensando a un’iniziativa di forte impatto, che potrebbe essere anche uno sciopero. «Questa proroga assurda ad aprile e non a dicembre», argomenta ancora De Santis, «presuppone un disegno strategico che appare sullo sfondo ben delineato. Non può essere fatta passare come una semplice svista. C’e’, evidentemente, chi vuole scardinare il sistema delle conoscenze locali con queste ordinanze. Non si vuol capire il quadro di riferimento nel quale bisogna agire e si e’ voluto creare questo elemento di tensione verso il mondo politico.
All’Aquila non ci sono gli studi professionali capaci di reggere la gran mole di domande? Ogni tanto escono dei numeri. Prima si parlava di 14mila domande per le case A, B e C. Poi sono diventate 10mila. Se si mette una scadenza così ravvicinata e non si ragiona sul metodo da seguire per ricostruire L’Aquila, tutto torna a un discorso molto semplice. C’e’ un problema legato alle scadenze, così, con questi professionisti e questi mezzi, non ce la facciamo. Ecco allora che bisogna aspettare strutture imprenditoriali da fuori, che metteranno le mani sul centro storico. Ecco, allora, che il disegno e’ chiaro».