Non ho mai capito l’ipocrisia. Quella cattolica, soprattutto.
Ho frequentato le scuole elementari presso l’Istituto delle Suore Filippine ad Avezzano e, nonostante sia venuta su bene (almeno con capacita’ critiche spiccate), non posso non ricordare gli anatemi: «Pregate la sera, per voi e per chi non lo fa!». Così, avendo ben altre 6 persone in famiglia tra fratelli, sorelle e genitori, dicevo un sacco di Avemaria mentre, al contempo, imprecavo contro le “ingiustizie” che in una famiglia normale ritenevo insopportabili. Ben presto imparai che era inutile pregare con ipocrisia, era meglio dire la verita’, anche se si trattava di un giocattolo che volevo solo per me.
Poi ci fu il catechismo: terribile! Ero piccola ma odiavo la confessione. «Se ti penti veramente sarai perdonata». Un giorno chiesi al prete «Ma se mi pento veramente Gesù lo sa, perché devo dirlo a lei?». Quasi quasi non meritavo la prima comunione per questo!<
Ora l’ipocrisia impera. E questo serpentello religioso si insinua ovunque. Il partito dell’amore: quale amore? Di che parlano? “Volemose bene?”. Vedo solo odio, non nelle parole, negli sguardi.
Quell’aquilano che grida: «Leviamo il tendone a Piazza Duomo», che ne sa dell’amore?
Quell’altra che urla: «Me la so’ sentita io la scossa sotto il sedere!», perché ama? Chi?
C’e’ anche chi dice: « Draquila dipinge un premier “vampiro” che non si e’ fatto scrupolo di attingere al sangue delle vittime del terremoto per alimentare il suo consenso. Guzzanti vergognati!»
Alimentare l’odio, invece che parlare. Invece che guardare le persone che non la pensano come te. Invece che non farsi sottomettere dall’ipocrisia, che poi, tanto, …. mi confesso.
Confessiamoci davvero aquilani: dove stiamo andando? Dove e’ la citta’? Dove gli aquilani? Dove le nostre vittime? Dove le nostre case? Dove il nostro lavoro? Dove la nostra cultura? Dove le nostre anime, il dolore, le mura, le fontane, le chiese, i palazzi, la sicurezza, i soldi, la nostra onesta’, la nostra forza, la nostra gentilezza, il nostro amore, i vicoli, i pettegolezzi, le vittime….
Be’, in sintesi, che voglio dire?
UNIAMOCI!
Tra una quarantina di giorni dovremmo pagare nuovamente le tasse e restituire ciò che ci e’ stato dato in questi atroci 13 mesi. Guardiamoci attorno: perché?
Lasciamo da parte l’ipocrisia. Pagare le tasse per cosa? Cosa abbiamo?
Non abbiamo lavoro, non abbiamo la citta’, non abbiamo le nostre case, e non sappiamo se le riavremo, non sappiamo il destino del nostro territorio, né i tempi, nulla.
Nel frattempo tutti, dico tutti, dovremo pagare, non sapendo neanche se i danni del tempo sono inclusi nella ricostruzione che, intanto, non arriva.
Mi confesso: non lo trovo giusto.
Lapidatemi.