C’e’ un qualcosa di simbolico in quello che avverra’ domani a L’Aquila.
Ora, finalmente, tutta l’Italia sa che siamo pieni di macerie e che la loro rimozione e’ il punto iniziale per la ricostruzione del centro storico.
La nostra anima e’ lì.
Così domani prenderemo un po’ di macerie, selezionandole. E ce le passeremo di mano in mano, attraverso una grande catena umana di solidarieta’.
Guarderemo con i nostri occhi il terriccio che rimane dopo la selezione delle nostre pietre. La nostra storia ci passera’ accanto, la vedremo, la toccheremo ce la passeremo di mano in mano, sapendo che i capitelli, i coppi, le bifore, gli archi, saranno ancora lì , nella nostra amata citta’, in attesa di essere rimessi a posto.
Concretamente, tutti verranno a contatto con questa cruda realta’, dalla quale dobbiamo risorgere e ricostruirci.
Capiremo tutti che le macerie sono nostre. Che custodiscono la storia, il nostro dolore e quello di nostri antenati.
Le macerie sono nostre. Dobbiamo pretendere che rimangano qui, nella nostra provincia. Quelle dell’Aquila e quelle nei nostri preziosi borghi. Sono una ricchezza, perché sono di tutti noi.
Una nuova L’Aquila si ricostruira’ sulla vecchia, riusando tutto quello che si può. Compresi i mattoni, i solai, i tramezzi che, tritati, potranno rifare le nostre strade, curare le nostre cave, far parte di un impasto che andra’ ovunque.
La rimozione della macerie non si fa con una norma ad hoc, si fa tutti insieme con il preciso obiettivo di farle rimanere accanto a noi. E’ possibile e anche economicamente conveniente.
Ci sono persone che per anni hanno desiderato riavere accanto le spoglie dei propri defunti. E noi questo dobbiamo pretendere.
Dobbiamo custodire le nostre macerie qui, usando, per la selezione in loco, i professionisti che abbiamo, inviando il resto ad aziende che possano differenziarle per poter, infine, riutilizzare gli inerti per la nostra ricostruzione e , qualora le strutture esistenti dovessero risultare insufficienti, crearne delle nuove, con nuovi posti di lavoro,
La nostra comunita’ ha bisogno delle macerie. Da lì risorgeremo.