CIALENTE SCRIVE A NAPOLITANO: COMPLOTTO CONTRO L’AQUILA

cialente_napolitano13 gennaio – Un complotto contro L’Aquila, contro il suo sindaco e, ovviamente, contro la Ricostruzione della città. Massimo Cialente, primo cittadino dimissionario della città distrutta dal terremoto del 2009, lo pensa. E comincia a parlarne, anche pubblicamente. Quello che invece non si conosce, perchè è stata tutelata con il silenzio istituzionale dovuto in queste circostanze, è il contenuto di una sua drammatica lettera inviata l’11 dicembre scorso al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La lettera prende le mosse dal trasferimento voluto dal ministro per i Beni culturali Massimo Bray del direttore regionale Mibac in Abruzzo, Fabrizio Magani, dall’Aquila a Pompei. Un trasferimento che Cialente considera un autentico attentato alla Ricostruzione e un provvedimento concepito con il solo scopo di favorire la Curia e il suoi disegni economico-finanziari. Non solo: Cialente, dopo Bray, attacca  con durezza anche il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, e il governo guidato da Enrico Letta colpevoli, a suo avviso, di avere abbandonato la città.

«Il dottor Magani», scrive Cialente al presidente della Repubblica, « è in questo momento l’interlocutore. Cambiare in corso d’opera sarà un’ulteriore battuta d’arresto eguale a quella, che per cause che voglio definire fisiologiche perchè legate all’inspiegabile cambio dei vertici, stiamo drammaticamente pagando sugli appalti ed i lavori curati dal Provveditore alle Opere Pubbliche a partire dal Tribunale, i cui tempi di ricostruzione si stanno dilatando in modo inaccettabile».

Spiega  Cialente: «Ho proposto che il dottor Magani resti in Abruzzo e, tutt’al più, possa curare l’avvio della nuova struttura di Pompei, ma il ministro Bray non ne vuole sapere».

Quindi l’atto di accusa: «Qui a L’Aquila siamo convinti che  il dott. Magani venga rimosso in quanto ostacolo ad un disegno che si è tentato e si sta tentendo di inserire come norma di Legge, che vedrebbe la Curia, la più grande immobiliarista della città, diventare soggetto attuatore per la ricostruzione di tutti i suoi edifici, compresi i luoghi di culto».

«Lei comprende», dice ancora Cialente a Napolitano, «che anche al fine di evitare ennesime polemiche politiche che coinvolgano questa martoriata città, noi abbiamo proposto di colloquiare  con la Curia, la Sovrintendenza e l’Ufficio speciale per la Ricostruzione, bloccando una scelta che, spinta da tanti interessi, non sarebbe comprensibile». Continua Cialente: «Abbiamo il fondato sospetto che la rimozione del dottor Magani sia un tassello di un disegno, non considerato pienamente nelle conseguenze, che potrebbe comportare addirittura che i fondi per la ricostruzione privata delle case andranno a ricostruire le Chiese. Chi lo spiegherebbe all’Italia?».

Cialente si lamenta con il Presidente della Repubblica anche per «l’abbandono totale dell’Aquila da parte del governo. Non vi sono soldi per la ricostruzione pubblica. Sono finiti e non si prevedono nuovi finanziamenti. Ricostruzione pubblica vuol dire case dell’edilizia residenziale pubblica, le case non riparate da quasi cinque anni, vuol dire scuole, vuol dire uffici. E’ tutto fermo. Non vi sono soldi per la ricostruzione privata che si sbloccherà nei primi mesi del 2014». Insomma, un disastro.  E cosa accade a livello di governo? «Il ministro Trigilia», dice Cialente, «che dovrebbe seguire le problematiche relative alla ricostruzione del centri del cratere è completamente assente».

Una situazione insostenibile, insomma. Tanto intollerabile da ipotizzare già un mese fa di fronte al presidente della Repubblica il clamoroso abbandono.  «Questo impegno», scrive infatti  il sindaco dell’Aquila, «così gravoso che ci vede ormai soli e  abbandonati a rappresentare le Istituzioni che all’Aquiila non ci sono piu, ha ancora un senso o diventa un comportamento quasi omertoso? Non sarebbe piu giusto riconsegnare il nostro ruolo nelle mani del Prefetto e far venire  per un anno qui lo Stato che forse così prenderà finalmente coscienza di cosa è, oggi, una città che non c’è più? Uno Stato», conclude Cialente, «che finalmente si renda conto della disperazione di questi italiani abbandonati e che affronti in prima persona le proprie responsabilità senza più il ruolo di “cuscinetti” che noi stiamo subendo.

Questo scriveva il sindaco Cialente più di un mese fa al presidente Napolitano. Poi sono arrivate le notizie sull’inchiesta giudiziaria che ha visto coinvolto il vicesindaco della città e alcuni importanti dirigenti comunali. Infine, le dimissioni dello stesso Cialente.

Primo Di Nicola