Articolo da http://www.politicambiente.it
Il contributo economico del 100%, riconosciuto dallo Stato ai residenti, non sarebbe sufficiente per riparare gli edifici gravemente danneggiati dal terremoto dell’Aquila poiché non permetterebbe una totale messa in sicurezza antisismica, a meno di non aggiungere denaro di tasca propria. Con la conseguenza che in caso di adeguamento incompleto, ossia inferiore al 100%, il rischio di collasso si amplificherebbe in una prospettiva futura. E’ questa la conclusione a cui sono giunti alcuni ingegneri aquilani sulla base di uno studio del loro collega Antonio Iorio.
Per gli edifici che hanno subito pesanti danni (classe E) il riferimento e’ l’ordinanza 3790 della Presidenza del Consiglio dei ministri (OPCM), dove si stabilisce che un edificio riparato possa ritenersi agibile se, dopo le riparazioni, si raggiunge almeno il 60% (con il limite massimo dell’80%) dell’adeguamento sismico rispetto ad un edificio realizzato secondo le nuove norme sismiche 2009.
Ecco allora alcuni parametri per capire il rischio cui si andrebbe incontro se una struttura non venisse adeguata al 100% della sicurezza (quindi mettendoci soldi di tasca propria, perché inevitabilmente si sforerebbe dal tetto del contributo economico del 100%).
Un edificio nuovo, simicamente adeguato, ha il 10% di probabilita’ di non resistere ad un terremoto maggiore di quello di progetto. Invece per un edificio riparato e adeguato al 60% – come prevede il limite minimo dell’ordinanza – la probabilita’ di collasso e’ di circa il 460% (4,6 volte) rispetto ad un edificio adeguato alle nuove norme antisismiche, dice la ricerca di Iorio. Anche il limite massimo dell’80% nell’adeguamento sismico comporta un elevato incremento di rischio, pari al 280% (2,8 volte di quello di un edificio adeguato simicamente). Dunque l’adeguamento deve essere del 100%, come del resto obbligano “le norme primarie (artt. 676 e 677 del codice penale sulle responsabilita’ nella rovina di edifici) che non possono essere derogate – dice Iorio – in forza di norme tecnico-economiche-amministrative quali le OPCM, a scapito della tutela delle persone e della sicurezza pubbliche”.
Ma il problema della sicurezza – e dei sondaggi spesso superficiali che possono essere fatti per rientrare nei limiti del contributo dello Stato – riguardano anche le case meno danneggiate, classificate B e C.
Ed ecco che per le professionalita’ impegnate nella ricostruzione si apre un piano che e’ di etica e di deontologia ma anche di responsabilita’ penale: gli ingegneri sono tenuti a portare al massimo della sicurezza gli edifici. Nel caso di un nuovo sisma con un collasso di una struttura riparata, ricorda l’ingegnere Luciano D’Angelo (che e’ anche perito di parte del Comitato Familiari Vittime della Casa dello Studente), ne risponderebbero i responsabili dei lavori di oggi. E perché accettare questo rischio per le generazioni future? Non e’ bastato il terremoto del sei aprile con le sue 307 vittime?
In sostanza, avverte lo studio, “l’ordinanza 3790 non prevede l’adeguamento sismico dell’edificio ma solo la riparazione con adeguamento sismico molto limitato, partendo da una soglia di riferimento troppo bassa, solo per mero risparmio economico”.