Servirebbero molte ore per raccontare e far capire la storia degli ultimi due anni dell’Aquila a chi, non vivendoci, e’ completamente a digiuno di fatti e avvenimenti che riguardano la citta’. Anche quando si tratta di un centinaio di giovani studenti (una parte affidati a un collega giornalista), come quelli del Liceo Scientifico Statale A.F.Formiggini di Sassuolo (Modena), e con professori motivati a far conoscere una realta’ poco nota, spesso distorta dai media nazionali.
Il modo più semplice diventa quello di improvvisarsi guide, scegliendo alcuni luoghi da visitare e raccontarne la storia da quel 6 aprile 2009.
Non serve entrare nella zona rossa per comprendere come in molti posti il tempo sia fermo a quella data. È sufficiente la cosiddetta zona verde, riaperta al transito pedonale o automobilistico. Passeggiare, fermarsi in mezzo a una strada e ascoltare le testimonianze di cittadini, amministratori, o tecnici. Interrotti molto raramente da qualche auto di passaggio, nonostante ci troviamo nei pressi della villa comunale, perché gia’ qui il paesaggio e’ quello di una citta’ in buona parte deserta.
Testimonianze importanti, come quella di Antonietta Centofanti, rappresentante delle vittime della casa dello studente (8 morti e 17 feriti, con 11 indagati, oltre agli ex titolari dell’immobile che sono deceduti). Una delle tragedie più note del sisma dell’Aquila per il forte impatto emotivo suscitato, in cui non ci sara’ possibile andare perché gli autobus non si sono fermati in tempo lungo via XX Settembre (o VIA 6 APRILE?), e la strada non e’ ancora riaperta al transito pedonale. O una voce istituzionale, come quella del vice sindaco dell’Aquila Giampaolo Arduini, utile per comprendere, almeno in parte, le difficolta’ legate alla ricostruzione della citta’. E il contributo tecnico di Alessandro Venieri, geologo della provincia di Teramo, per approfondire gli aspetti legati alla geologia del territorio, il comportamento dei terremoti, il ruolo che hanno (o meglio dovrebbero avere) le istituzioni locali. Basti pensare che a L’Aquila, dopo quasi due anni dal sisma, ancora non e’ disponibile un piano di protezione civile. Abbiamo imparato ben poco in fatto di prevenzione delle catastrofi naturali.
Il percorso scelto inizia da via Gualtieri d’Ocre, sotto l’ex clinica privata Sanatrix, sulla quale sono ancora ben evidenti i segni del sisma del 6 aprile. Nell’edificio crollato in G.d’Ocre ci furono 3 vittime e 2 feriti, con un procedimento giudiziario in cui non ci saranno condanne penali, essendo deceduti i presunti responsabili del crollo. Una fredda giornata che penetra le ossa quella che ci accompagna, mentre si risale via Gabriele D’Annunzio, sempre in zona villa comunale. Un altro crollo, 13 morti, 3 indagati, per un edificio realizzato nel lontano 1961 e sottoposto anche a ristrutturazioni più recenti. Sono molti i luoghi che si potrebbero visitare, ognuno con una propria storia, ma sono questi fra quelli che possono risultare più adatti per spiegare come non solo i terremoti, le alluvioni, le frane, siano i responsabili delle vittime. Spesso sono gli uomini, con le loro decisioni amministrative, i calcoli errati, le sottovalutazioni nei controlli e nel rispetto delle leggi, a determinare il futuro di molti innocenti. Un territorio sismico come quello aquilano ancora in Zona 2 nel 2009, il rapporto Barberi ignorato, gli studi su molti edifici pubblici di Abruzzo Engineering, il verbale della Commissione Grandi Rischi (fornito agli studenti insieme a una cartina della zona rossa della citta’), sono alcuni degli argomenti che accompagnano questa visita alla citta’.
Si prosegue, per arrivare a via don Luigi Sturzo, tristemente famosa per i 28 morti in due edifici vicini. Per quello al civico 39 (21 morti) un imputato, di 85 anni, uno dei progettisti cui sono attribuiti presunti errori di calcolo strutturale che avrebbero comportato il collasso dell’edificio. Altre 4 persone da indagare sono decedute da anni. Non c’e’ la possibilita’ di visitarli, mentre sono visibili a distanza i crolli di via Generale Rossi (17 morti, 3 rinvii a giudizio) e via Cola dell’Amatrice (12 vittime, tutti morti gli indagati, edificio crollato per la scadente qualita’ del calcestruzzo utilizzato, errori di progetto e di calcolo delle strutture).
Via Armando Diaz, a confine con la zona rossa, e’ più che sufficiente per mostrare come si sia sprigionata la forza del sisma e lo stato di ricostruzione di molti edifici in citta’. Lì vicino c’e’ via Campo di Fossa, 23 vittime, ancora una volta tutti morti i possibili indagati.
Piazza Duomo e Piazza della Prefettura serviranno a mostrare dove molti giornalisti, televisioni, e potenti della terra si sono fermati a L’Aquila, e come il sisma del 6 aprile avrebbe fatto molte più vittime se avvenuto in pieno giorno, basti pensare alle 2000 vittime stimate per i crolli alla facolta’ di Ingegneria. Il resto del percorso, verso i quattro cantoni e la Basilica di San Bernardino non richiede accompagnatori locali, sono sufficienti solo alcune indicazioni di massima. Ci sono i militari lungo il tragitto? Nessun problema fino all’una di notte, di giorno e’ per completare la scenografia. Come i puntellamenti alla scuola De Amicis e i 16 milioni che si vogliono spendere per studi e riparazioni varie, prima di trovare qualche genitore che vi faccia tornare i propri figli, a studiare.
Ma questa e’ solo un’altra storia, tutta aquilana.
Patrizio Trapasso