L’AQUILA: I FONDI PER RICOSTRUIRE IL CENTRO ANTIVIOLENZA FINISCONO ALLA DIOCESI

Tre anni, una decina di richieste, nessuna risposta. In mezzo, le donne vittime di violenza. Ancora una volta, la ricostruzione dell’Abruzzo colpite dal sisma sembra un labirinto in cui è facile perdersi.

Dal 2009 il comune dell’Aquila chiede al governo e alla Regione come poter accedere ai tre milioni di euro previsti per la ricostruzione o il restauro di un centro d’accoglienza e di sostegno per donne vittime di violenze. Ma una delle ultime ordinanze del governo Berlusconi ha ribaltato tutto, stabilendo che, di quei soldi, un milione e mezzo andasse alle Diocesi dell’Aquila e un’altra metà al consigliere regionale per le pari opportunità.

Contro l’ordinanza, datata 8 novembre 2011, sono insorte le donne del centro antiviolenza, una struttura attiva da anni, riconosciuta dagli enti pubblici e dai servizi comunali, il cui edificio è crollato nel sisma con la Biblioteca che le ospitava.

Ma cominciamo dall’inizio. Nel decreto legge n.39, che stabiliva modi e tempi della ricostruzione, si legge che «al fine di favorire la ripresa delle attività dei centri di accoglienza, di ascolto e di aiuto delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà, ivi comprese quelle derivanti dagli effetti degli eventi sismici, e’ autorizzata la spesa di tre milioni di euro, per l’anno 2009, a sostegno degli oneri di ricostruzione o di restauro di immobili a tale scopo destinati situati nei comuni di cui all’articolo 1». Ricostruire o restaurare, non edificare da zero, qui si parla abbastanza chiaro.

L’unico centro di accoglienza per donne distrutto dal sisma, essendo di fatto l’unico servizio di questo tipo all’Aquila, era quello ospitato dalla biblioteca delle Melusine, attivo dal 2007,che collaborava con il Comune ed era parte integrante dei servizi pubblici sul territorio.

Stefania Pezzopane, prima Presidente della Provincia dell’Aquila e ora assessore alle Politiche Sociali del comune, iniziò subito a chiedere come partecipare a un bando per ottenere quei fondi: «Ho scritto la prima lettera al ministro Carfagna l’8 marzo 2010», dice, «e da allora non ho fatto che mandare solleciti, quasi una volta al mese. Finalmente l’8 maggio 2011 mi hanno invitata a un incontro». Peccato che, mentre era in viaggio per Roma, la mattina del 19 maggio, la segreteria del ministro Carfagna l’abbia chiamata per disdire l’appuntamento.

Da allora, il Comune non ha più ricevuto alcuna risposta, né dal governo né dal Commissario per la ricostruzione e presidente della regione Abruzzo, Giovanni Chiodi.

Mentre aspettavano di capire quale fosse l’iter per presentare il loro progetto di restauro, le volontarie del centro si sono date da fare: «Non abbiamo mai smesso il nostro lavoro di sostegno e accoglienza delle donne», racconta l’avvocato Simona Giannangeli, legale rappresentante del centro: «Non avevamo strutture, spesso ospitavamo le vittime a casa nostra, per chi di noi una casa l’aveva ancora. Abbiamo ricevuto fondi di solidarietà dagli altri centri antiviolenza, dalla rete delle donne in nero e da piccole associazioni. Solo questo ci ha permesso di continuare il nostro lavoro».

E da fare, per aiutare le donne, ce n’è eccome. Nella società scossa dal terremoto aumentano le richieste d’aiuto: «Molte donne hanno preso coraggio», continua la Giannangeli, «e sono venute a parlare a noi per la prima volta, dopo anni e anni di violenza domestica». Per l’assessore alle politiche sociali Pezzopane si tratta di una vera emergenza: «Mai come ora avremmo bisogno di un centro capace di accogliere le donne in difficoltà. Il sisma ha distrutto molti nuclei familiari, ed è più facile cedere alla violenza. Per questo le mie richieste sono state così frequenti ed accorate».

Così, mentre le donne del centro lavoravano con mezzi di fortuna, la macchina della ricostruzione si metteva in moto, lentamente. Ai primi di dicembre 2011 sembra arrivare finalmente l’ordinanza commissariale che stabilisce come dovranno essere stanziati i fondi promessi.

Ma per le donne del centro c’è una brutta sorpresa: i tre milioni di euro previsti nel 2009 vengono smembrati in due parti. Un milione e mezzo dovrà essere gestito dal Commissario Chiodi in accordo con le Diocesi, l’altro milione e mezzo andrà stanziato alla consigliera regionale di parità della regione Abruzzo per la costruzione, ex novo, di un «centro poliedrico d’accoglienza per donne in difficoltà». Un ribaltamento di prospettiva che non è piaciuto al comune, che ha presentato subito una richiesta di chiarimenti al nuovo governo, e a due parlamentari del Partito Democratico che hanno sottoscritto un’interrogazione a riguardo.

(di Francesca Sironi da L’Espresso)