di Emanuela Bruschi
‘’Nel giorno del terremoto qualcuno festeggiava il grande affare’’ e’ questo il titolo della maggior parte della stampa di oggi. Leggere di queste risate e’ come ricevere un’altra scossa nel nostro fragile cuore e la prima sensazione che ci assale e’ la rabbia, quella di chi ha vissuto l’incubo notturno, quella per il cinismo di questa gente, quella per la mancanza di rispetto dei nostri morti e di coloro che sono rimasti giorni sotto le macerie. A dieci mesi dal terremoto c’e’ chi piange ancora amare lacrime per aver perso i propri cari, gli amici o anche solo la propria citta’ e chi, invece, gia’ da quella notte, festeggiava…
Tutto questo indigna i cittadini dell’Aquila, ma anche tutta quell’Italia onesta e solidale con il nostro dolore. Ci fa inorridire ed accapponare la pelle il pensiero di quelle risate che sentiamo nella mente accanto al boato del terremoto e ci uniamo alla voce del sindaco Massimo Cialente, che vorrebbe le scuse per la nostra citta’, ed a quella della presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, che rafforza i suoi interrogativi su quelle frasi di rassicurazione che ci sono state fatte prima del terremoto. “Qualcuno sperava che succedesse questo?” Ed il dubbio e’ dannatamente lecito, anche se devastante il pensiero che qualcuno abbia sperato nella nostra tragedia.
Quello che rimane, dopo queste notizie e’ solo un fondo di rammarico verso l’animo dell’uomo, verso un atteggiamento che ci auguriamo di essere solo di una piccola minoranza di grette persone, ma che tristemente ritroviamo anche nella nostra comunita’, menzionando solo il rialzo degli affitti o i prezzi del caffe’ e dei panini nei giorni immediatamente successivi al terremoto. E’ per questo che voglio chiudere questo articolo con una riflessione di Karl Marx che asseriva che neppure l’amore aveva fatto ammattire tanto gli uomini quanto il denaro, poiché esso possiede la proprieta’ di comprar tutto e l’universalita’ della sua proprieta’ costituisce l’onnipotenza del suo essere. “Le proprieta’ del denaro sono mie, di me possessore. Ciò ch’io sono e posso non e’ dunque affatto determinato dalla mia individualita’. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella fra le donne. Dunque non sono brutto. Io sono storpio, ma il denaro mi da’ 24 gambe: non sono, dunque, storpio. Io sono un uomo malvagio, infame, senza coscienza, senza ingegno, ma il denaro e’ onorato, dunque lo e’ anche il suo possessore. Io, che mediante il denaro posso avere tutto ciò che un cuore umano desidera, non possiedo io tutti i poteri umani? Il mio denaro non tramuta tutte le mie deficienze nel loro contrario?
L’uomo ha cessato di essere schiavo dell’uomo ed e’ diventato schiavo della cosa”. (K. Marx, Manoscritti economico filosofici del ’44)