E 6 mila sfollati sono sempre lì, nelle tende anche a 0 gradi. Ormai nell’Abruzzo interno e’ inverno pieno, la notte la temperatura in alcune zone scende alcuni gradi sotto lo zero. Vivere in queste condizioni diventa sempre più difficile.
Le proteste delle persone diventano più veementi.
«Non vogliamo essere chiamati irriducibili», spiegano alcuni aquilani del coordinamento 3e32.
«Le reali motivazioni per cui alcune persone non vogliono spostarsi sono tutt’altre: gli abitanti delle tendopoli sono persone che (come tutti gli altri)», spiegano, «lavorano in citta’, i loro figli frequentano le scuole de L’Aquila, molti non sono muniti di un mezzo di trasporto, alcuni possiedono animali da allevamento o dei terreni a cui provvedere.
A tutto ciò fa da contesto un alto livello di disgregazione sociale, a cui la citta’ e’ ridotta a causa della dispersione della popolazione».
Dunque i cosiddetti “irriducibili” sono –spiega il coordinamento 3e32- cittadini che vogliono seguire «il processo di ricostruzione partecipando in prima persona».
Perché il problema di fondo e’ sempre quello. La vera ricostruzione non e’ ancora cominciata e quando i cantieri apriranno per riportare la vita nel capoluogo ferito gli aquilano vogliono essere presenti e partecipare attivamente.
«Se tutti accettassero passivamente il trasferimento imposto dalla Protezione Civile», spiegano ancora i cittadini, «in citta’ rimarrebbero appena 10.000 persone. Troppo poche affiché l’identita’ del territorio non venga stravolta. La scelta dei cosiddetti “irriducibili” ha dunque un valore sociale, civico e culturale. E’ doveroso inoltre chiarire il significato dell’ espressione “sistemazione all’interno della provincia di L’Aquila”. Considerando l’enorme estensione del nostro territorio la collocazione al suo interno può significare più di 70 km di distanza, da percorrere su strade tortuose e spesso soggette ad innevamento. Non si può certo definire questa una condizione accettabile per condurre una vita dignitosa. Riteniamo quantomeno difficile garantire un efficiente trasporto pubblico di fronte ad una tale varieta’ di esigenze. Queste sistemazioni sono state definite dal Sindaco e dalla Protezione Civile come provvisorie, cioe’ fino a quando non si rendera’ disponibile un alloggio nel proprio comune di residenza».
Per i proprietari delle abitazioni E, F o in zona rossa e’ prevista la sistemazione all’interno del piano C.A.S.E., i cui tempi di consegna sono stati rimandati gia’ più volte.
Per tutti gli altri invece provvisorio vuol dire indefinito. Ci sono case B e C con tempi di lavoro superiori ai due anni.
«Non capiamo perche’ ci si ostini ad intraprendere delle scelte che i cittadini hanno dimostrato chiaramente di non condividere», spiegano ancora, «altre soluzioni sono possibili e necessarie. Proponiamo in tutte le tendopoli la sostituzione delle tende con delle case mobili (M.A.R., moduli autonomi removibili). Si tratta di strutture a basso costo, facilmente reperibili e che consentono una permanenza dignitosa, in quanto muniti di cucina, bagno, gas, acqua, elettricita’ e scarico. Questa alternativa, seppur non molto agevole, permette il mantenimento del tessuto sociale ed economico, risolvendo così i problemi sopra descritti».
E proprio ieri e’ arrivata la firma di una ennesima ordinanza: questa aprirebbe il via libera proprio ai Mar.
E la polemica e’ gia’ dietro l’angolo perché i moduli removibili autorizzati sarebbero appena 500.
«Sono insufficienti», ha protestato il sindaco Massimo Cialente.
Cialente ha proposto alla Protezione civile di avviare un preciso censimento di tutti coloro che hanno abitazioni in categoria B o C, da cui poter ricavare, oltre a tutti i dati relativi ai componenti del nucleo familiare (situazione lavorativa, portatori di handicap, anziani), anche il dato sullo stato dei lavori di ristrutturazione, indicando l’amministratore di condominio, il progettista e la ditta incaricata.
Il sindaco rileva che «le realizzazioni dei Map e dei Mar richiederanno comunque fra i 30 e i 60 giorni per i primi e i 30 e i 45 giorni per i secondi. Per questo motivo – conclude Cialente – che ribadisco l’accorato appello a tutti i cittadini costretti a vivere ancora nelle tendopoli, ad abbandonarle, trovando ‘rifugio’ in strutture alberghiere nelle aree meno disagevoli da raggiungere e per le quali saranno organizzati, con la Protezione civile, appositi servizi».
Un fatto appare incontrovertibile: siamo al 17 di ottobre e saltano fuori nuove soluzioni. D’emergenza. Tampone. Impreviste.
E’ difficile non pensare in questi casi all’approssimazione.