Da Repubblica.it, 8 ottobre 2009
“Il 30 settembre tutte le tendopoli saranno chiuse”. Questa la promessa del premier Berlusconi all’inizio del mese scorso. Purtroppo (per chi abita ancora sotto le tende blu) la promessa non e’ stata mantenuta. All’Aquila ci sono ancora 73 tendopoli (all’inizio erano 171) con 7.270 sfollati. Le case antisismiche e gli altri alloggi non bastano e così altri 15.704 terremotati sono ancora negli alberghi della costa e della montagna. “Ma adesso la Protezione civile ha una gran fretta: oggi abbiamo dovuto chiamare i carabinieri per impedire che ci portassero via i gabinetti”.
“La denuncia arriva da Amelia, la zia di Cristina e Fabiana, ancora accampata a Poggio di Roio.
Quando abbiamo visto il camioncino che portava via i bagni, ci siamo messi in mezzo alla strada. Non possono toglierci tutto, senza trovarci una collocazione”.
Cristina, con le figlie Asia e Cristal e il marito Diego, ha lasciato la tendopoli di piazza d’Armi gia’ da un mese. Anche i genitori, Rita e Claudio, hanno lasciato la tenda blu per trovare – come la figlia e la sua famiglia – ospitalita’ in un albergo. “Noi ci siamo arrabbiati – racconta la zia Amelia – perché quando abbiamo chiesto di potere restare in tenda altre due settimane tutti ci hanno rassicurato: “Nessuno vi mandera’ via, avrete un aiuto fino a quando non avrete trovato un’altra sistemazione”. Le due settimane non sono state chieste a caso. Io e il mio compagno abbiamo comprato un container che ci verra’ consegnato lunedì. Ci servira’ ancora qualche giorno per ottenere l’allacciamento alla corrente elettrica, senza la quale non si può pensare di passare l’inverno. In questa tendopoli eravamo in trecento e siamo rimasti in cinquanta. Quasi tutti sono messi come noi. Hanno bisogno di qualche giorno per trovare un riparo in una casetta, in un container, presso un amico… La nostra e’ sempre stata una tendopoli molto attiva. Non siamo rimasti qua sei mesi con le mani in mano. Abbiamo organizzato i turni per apparecchiare e sparecchiare in mensa, per pulire le stoviglie, per pulire i gabinetti. Il 30 settembre non siamo andati via perché ci hanno proposto di andare troppo lontano. Noi all’Aquila lavoriamo, abbiamo un figlio che va a scuola. Tanti altri escono al mattino per andare a lavorare, chi ancora un lavoro ce l’ha. E allora ci siamo dati da fare con il container. Nuovo, costerebbe quasi 30 mila euro. Ma noi l’abbiamo comprato usato, a 9.000 euro, facendo un mutuo in banca. In attesa che sia sistemato, vogliamo restare qui”.
E invece ieri mattina e’ arrivato il camioncino per caricare i bagni chimici. “Gia’ nei giorni ne avevamo visti alcuni legati, altri li stavano smontando. Stamattina abbiamo detto basta. Non siamo animali costretti a fare tutto dove capita, abbiamo gridato al capo campo. Almeno le toilette dovete lasciarle. E abbiamo chiamato i carabinieri. Con il loro intervento le acque si sono calmate. I bagni, per ora, sono al loro posto. Ma la vogliano capire, quelli che gestiscono ciò che resta della tendopoli, che noi non siamo parassiti? Potevamo accettare di andare a farci servire a tavola negli hotel della costa e invece siamo rimasti sempre qui. Ormai, per l’opinione pubblica italiana, noi nemmeno esistiamo. Ci ha telefonato un amico di Roma, ci ha fatto i complimenti perché all’Aquila tutto e’ stato risolto. Aveva visto facce contente in televisione, con le inaugurazioni delle case, le tv, i frigoriferi pieni… Due settimane, abbiamo chiesto, e dobbiamo lottare per ottenerle. Comprando il container, potremo chiedere il contributo per “autonoma sistemazione”. Si tratta di 200 euro a persona, e noi siamo in tre: fanno 600 euro al mese. Una famiglia come la nostra, in albergo, costerebbe 4.500 euro al mese. E vengono a portarci via i gabinetti chimici, dicono che sono a noleggio (80 euro al giorno, ndr) e che costano troppo. Perché debbono risparmiare sulla nostra pelle?”.