Riportiamo l’intervento di Giovanni Lolli in Parlamento il 22 luglio
Signor Presidente, svolgerò un intervento su un solo punto, cercando di farlo – spero – in maniera breve, efficace, chiara e concreta.
Il punto e’ quello contenuto nell’articolo 25, in particolare nei commi 2 e 3 con i quali si stabilisce che le popolazioni terremotate, a partire da gennaio, debbano restituire in ventiquattro mesi il 100 per cento di quanto e’ stato loro concesso per quanto riguarda il non pagamento dei tributi e degli oneri previdenziali: sono 513 milioni di euro che entrano dai terremotati.
A mio avviso, questa misura avra’ conseguenze drammatiche e, siccome nelle Commissioni non ci avete dato la possibilita’ di parlare di questo come di altri argomenti altrettanto importanti, permettetemi di motivare con tre ragionamenti perché ritengo che questa misura avra’ conseguenze gravissime. In primo luogo, proviamo a fare un paragone tra ciò che e’ avvenuto e sta avvenendo in Abruzzo (ossia il modo in cui state trattando l’Abruzzo) e ciò che e’ successo in occasione di tutti gli altri terremoti o eventi calamitosi (e lasciamo perdere quelli più lontani nel tempo, quando lo Stato si mostrava tanto generoso quanto oggi non potremmo sperare che sia).
Guardiamo, dunque, agli eventi a noi più vicini, quelli di Umbria, Marche e Molise. Intanto, l’esenzione dai tributi e dagli oneri previdenziali in Umbria e nella Marche, ad esempio, e’ durata non sei mesi, come in Abruzzo, ma un anno e mezzo e la restituzione, peraltro con legge identica per Marche, Umbria e Molise, e’ avvenuta dodici anni dopo nel caso delle Marche e otto anni dopo nel caso del Molise, per il 40 per cento dell’importo e in 120 rate. Proviamo, quindi, a guardare la differenza: nel caso di Marche, Umbria e Molise i tributi sono stati sospesi per un anno e mezzo, mentre in Abruzzo solo per sei mesi; nel primo caso la restituzione e’ stata del 40 per cento, nel secondo e’ del 100 per cento; nel primo caso e’ avvenuta dodici anni dopo in 120 rate, nel secondo subito ed in 24 rate. Perché questa differenza ?
Ma come, il terremoto dell’Abruzzo non costituiva il banco di prova con il quale questo Governo dava una dimostrazione di grande efficienza e di grande forza e ci doveva far vedere come questo terremoto sarebbe stato trattato in un modo ben diverso da tutti gli altri ? Certo, e’ stato trattato in un modo ben diverso dal momento che e’ stato trattato molto, ma molto peggio ! In secondo luogo, proviamo a capire perché lo Stato in queste occasioni dilaziona e poi richiede la restituzione anni dopo.
Lo Stato ragiona così: quando una popolazione o un territorio e’ in ginocchio, per tutto il tempo in cui rimane in ginocchio si cerca di non fargli pagare le tasse per permettergli di sopravvivere; mano a mano che si rialza si comincia a fargli pagare di nuovo le tasse ma gli si chiede la restituzione, peraltro forfettizzata, solo quando, anni dopo, quel territorio si e’ rialzato in piedi, la produzione si e’ riavviata, le attivita’ economiche sono riprese e si valuta che sia in condizione di poter restituire quello che gli e’ stato fornito.
Così e’ sempre successo, ma visto che voi all’Abruzzo interrompete la sospensione e addirittura chiedete la restituzione subito del 100 per cento, bisogna arguire che ritenete che l’Abruzzo e’ in condizione di restituire questi soldi, cioe’ che l’Abruzzo e’ di nuovo in piedi e che, tutto sommato, sta bene ! Capisco anche che voi possiate pensare così perché, siccome viaggio tutti i giorni da L’Aquila a Roma, quando mi trovo a L’Aquila vedo le cose come stanno ma poi vengo qui, accendo la televisione e vedo che hanno riaperto il centro storico, hanno riaperto le scuole e stanno costruendo le case.
Vi comunico, allora, che le cose non stanno così: praticamente lì stiamo poco, poco meglio di quanto non stessimo il 7 di aprile. Solo molto meno del 10 per cento dei cittadini e’ rientrato nelle case, ci sono 30 mila sfollati che si trovano ancora negli alberghi della costa, 30 mila che si trovano ancora nelle tende – vi assicuro in condizioni disperate – e vi sono poi tutti gli altri che si trovano nelle cosiddette autonome sistemazioni (che, cioe’, in qualche modo si sono arrangiati). Pensare che gente che si trova in quelle condizioni possa essere considerata gente che si e’ rialzata e che può pagare le tasse, mi sembra una cosa un po’ bizzarra. Per quanto riguarda le attivita’ economiche: siamo circa centomila terremotati, sapete quanti sono quelli che hanno usufruito, finora, della cassa integrazione in deroga consentita dalle prime ordinanze sul terremoto ? Non considerando le casse integrazioni ordinarie sono 15 mila.
Considerando questi 15 mila lavoratori, pensate a quante attivita’ sono ferme, chiuse.
Solo nel centro storico de L’Aquila mille esercizi commerciali sono crollati. Solo nel centro storico de L’aquila, vi sono centinaia e centinaia di attivita’ di professionisti (dentisti, farmacisti, medici) chiuse. Solo nel centro storico de L’Aquila vi sono diverse centinaia di artigiani che non sono in condizioni di lavorare. Tutta questa gente ha tirato avanti perché i mutui sono stati sospesi, le tasse e gli oneri previdenziali non sono stati pagati. Questa gente si sta dando da fare. Molti di questi hanno gia’ riaperto la propria attivita’. Abbiamo studi medici, professionisti che in baracche di legno stanno ricominciando a lavorare, ed altri che hanno affittato un capannone o un appartamento a prezzi – vi assicuro – assolutamente esorbitanti.
Questa gente a gennaio dovra’ ripagare i mutui (perché la sospensione dei pagamenti scade), dovra’ ricominciare a pagare le tasse nonché gli oneri previdenziali e, per di più, dovra’ pagare anche gli arretrati sulle tasse e sugli oneri previdenziali. Ma come pensate che ce la possa fare ? Quanto guadagnera’ quel farmacista nella baracca per poter far fronte a tutte queste misure ? Vi e’ anche un paradosso: nel provvedimento sul terremoto abbiamo indicato la zona franca che abbiamo coperto con 45 milioni di euro per quattro anni, 11 milioni di euro l’anno.
Le popolazioni terremotate avranno il prossimo anno 11 milioni di sgravi fiscali e dovranno pagare 250 milioni di euro di tasse in più; ma vi rendete conto ? È come fare un prelievo – e che prelievo ! – ad un ferito grave che avrebbe bisogno di una trasfusione. Sapete quanti sono 513 milioni di euro al mese per due anni ? Sono 23 milioni di euro al mese. Per quella popolazione ci saranno tasse in più rispetto a quelle che pagano tutte gli altri italiani: 23 milioni di euro in più !
Si tratta di una zona franca al contrario.
Cosa volete che possa pensare quella popolazione, di fronte a condizioni di questo genere ? È un colpo mortale. La terza considerazione riguarda – uso un termine un po’ forte, ma lo devo usare – l’inganno. Non solo prima del G8 – come ha gia’ detto il collega – ma anche giovedì scorso, il Presidente del Consiglio e’ andato a L’Aquila e ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha detto: state tranquilli, cosa vi siete messi in testa, e’ chiaro che le tasse non ve le richiederemo indietro. E ciò avveniva mentre noi eravamo gia’ in Commissione a discutere il provvedimento.
Cosa devono pensare i cittadini aquilani ? Cosa dobbiamo pensare noi ? Ma quale fiducia volete che possiamo avere verso questo profluvio di parole, di impegni, di raccomandazioni, di impegni a rassicurarci, di promesse, quando poi seguono regolarmente questi fatti ? In merito al decreto-legge, in una conferenza stampa e’ stato detto: il decreto cambiera’ in quei punti; e il decreto non e’ cambiato.
Poi, ci avete detto che con le ordinanze avreste risolto il problema; sono stata emanate le ordinanze e ovviamente ricalcano, come altro non poteva essere, esattamente il decreto. Sulle case ci e’ stato detto che sarebbero state pronte a settembre, adesso a fine novembre. Vi comunico che non basteranno quelle case; avremo migliaia di persone che rimarranno fuori perché, fatto il conto, le cosiddette case E, quelle inagibili, sono molto di più di quelle che si prevedeva. In Abruzzo qualche giorno fa si e’ tenuto il G8. Altre popolazioni, altri territori, forse, avrebbero utilizzato quell’occasione per svolgere proteste forti, per dichiarare al mondo che le cose non andavano bene.
Noi siamo fatti diversamente. Non abbiamo fatto proteste e quelle che ci sono state sono state garbate, civili e ironiche. . Noi non abbiamo fatto proteste e non abbiamo utilizzato il G8, in primo luogo perché il Presidente della Repubblica lo aveva chiesto – e ossequiosamente ci siamo conformati – e poi perché pensavamo che fosse nostro dovere contribuire a far fare all’Italia una bella figura.
Ma che dobbiamo pensare adesso, considerato che in quelle stesse ore, mentre si teneva il G8, voi stavate scrivendo questo decreto e ci richiedevate indietro tutte le tasse ? Cosa dobbiamo pensare adesso ? Dovete cambiare il provvedimento in esame, non so se con un maxiemendamento. Fate un altro provvedimento oppure inventatevi qualcosa altro, ma questo provvedimento deve cambiare, prima di tutto perché e’ un’indecenza che, in un provvedimento per le imprese italiane che vale 2 miliardi, un quarto e’ coperto e pagato dai terremotati. È una cosa indegna e indecente ! Ma poi lo dovete cambiare perché e’ una cosa assurda, assurda ! Tutti ci avete descritto come un popolo dignitoso e paziente. Ebbene, con la stessa dignita’ e un po’ meno di pazienza da questo momento in poi cominceremo a protestare. E protesteremo; protesteremo perché voi ci costringete a protestare. Non e’ bello protestare quando uno sta dentro una tenda, quando e’ sfollato e preferirebbe dedicarsi alla propria famiglia, a ricostruire la propria attivita’ e a inventarsi il proprio futuro. Ci costringete a protestare !
Ci costringete a protestare mentre prima avevate accumulato un patrimonio di grande fiducia in quel territorio.
Lo aveva accumulato prima di tutto la Protezione civile con l’ottimo lavoro che ha fatto, ma lo avevate accumulato anche voi, con tutte le presenze, gli impegni e le belle parole.
Con questo atto definitivamente dissipate quel patrimonio. Lo potrete riconquistare non attraverso le belle parole ma solo attraverso atti, e il primo atto che dovete fare e’ correggere questa indecenza.
Giovanni Lolli