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Dai dubbi sulla sicurezza alle inchieste tutti i flop delle “casette” di Berlusconi.
di Giuseppe Caporale – Isolatori sismici fallati, infiltrazioni d’acqua, riscaldamento rotto, cedimenti di intonaco. Nessun servizio intorno, né pubblico né privato. Il tutto dentro 185 palazzine sparse nella periferia che oggi — dopo appena quattro anni dalla loro realizzazione — sono nuove aree di degrado urbano.
La storia delle case provvisorie volute dall’ultimo Governo Berlusconi per 19mila terremotati dell’Aquila, dopo il sisma dell’aprile del 2009, è costellata di flop. Per questo “miracolo aquilano” come lo definì l’allora premier visti i tempi record di consegna degli alloggi, lo Stato ha speso 900 milioni di euro senza seguire il codice degli appalti, ma con affidamenti in “emergenza” ad (appena) sedici ditte nazionali.
La costruzione delle “new town” fu seguita dai media con dirette tv e programmi ad hoc, con tanto champagne nel frigorifero a favore di telecamera.Ma dal giorno dell’inaugurazione in poi, il “progetto C. a. s. e.” di Guido Bertolaso, allora capo della Protezione Civile, ha cominciato a venire giù. Pezzo dopo pezzo. Il primo atto è un’impietosa relazione redatta dagli ingegneri dell’ufficio tecnico dell’Aquila, pochi mesi dopo la consegna degli appartamenti.
«Sono evidenti segni di deterioramento degli edifici che sono inaccettabili» è il giudizio finale corredato da un centinaio di fotografie a conclusione di due mesi di certosini sopralluoghi in ogni angolo di quelle costruzioni. Piastra dopo piastra, ballatoio dopo ballatoio,garage dopo garage. Ringhiera dopo ringhiera.
Ma è solo l’inizio. Poco dopo, la Procura dell’Aquila apre un’inchiesta sui settemila isolatori sismici che sostengono i 185 palazzi. E la scoperta è amara, amarissima. Almeno duecento degli isolatori sismici a pendolo montati sui pilastri che sostengono gli edifici sono destinati a sbriciolarsi se mai la terra dovesse tornare a tremare come quel 6 aprile di 4 anni e mezzo fa. E quel che è peggio, nessuno è in grado di dire oggi — nemmeno la ditta che li ha prodotti e montati, la società «Alga» — quali strutture esattamente appoggino su quei pezzi fallati. Per questa vicenda, poche settimane fa il giudice del tribunale dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, ha condannato con rito abbreviato a un anno di reclusione Mauro Dolce, responsabile del procedimento del progetto C. a. s. e., accusato di frode nelle pubbliche forniture. |
4 novembre 2013