TANGENTI SANITA’, CHIESTI 12 ANNI PER DEL TURCO

L’Aquila, 12 giugno 2013 – Dodici anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici. E’ la condanna chiesta dai pm del Tribunale di Pescara, Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio, per l’ex presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco.

L’ex sindacalista ed ex ministro e’ accusato di associazione per delinquere, corruzione, abuso, concussione e falso, nell’ambito del processo su presunte tangenti nella sanita’ abruzzese, in corso ormai da cinque anni. Ad accusare Ottaviano Del Turco l’ex titolare della clinica privata Villa Pini di Chieti (uomo forte di tutta la sanita’ privata abruzzese), Vincenzo Angelini, imputato e al tempo stesso parte offesa nel procedimento giudiziario. Angelini, durante i sette, lunghi, interrogatori che hanno segnato il percorso processuale, ha sempre sostenuto di aver pagato ”mazzette” per 15 milioni di euro circa ad alcuni amministratori regionali in cambio di favori.

Tra di essi, secondo l’accusa, proprio l’ex Governatore d’Abruzzo che avrebbe intascato tangenti per 5 milioni e 800 mila euro. A seguito delle rivelazioni di Angelini, Del Turco fu arrestato il 14 luglio 2008 con altre nove persone, tra le quali assessori e consiglieri regionali. Dopo 28 giorni di detenzione nel carcere di Sulmona (L’Aquila), l’ex presidente della Regione Abruzzo trascorse due mesi agli arresti domiciliari. Subito dopo la misura cautelare, Del Turco si dimise dalla carica di Presidente della Regione Abruzzo e si autosospese dal partito, il Pd, di cui era stato fondatore.

In Abruzzo si torno’ alle urne alla fine di quello stesso anno. Col centrosinistra che praticamente consegno’ la Regione all’attuale Governatore Gianni Chiodi (centrodestra). Il prossimo 18 luglio e’ prevista la decisione del Tribunale collegiale di Pescara. Del Turco, in questi difficili anni di dibattimento ha sempre respinto ogni addebito. Legali, esperti, consulenti e testi hanno animato le varie sedute.

Analizzate puntigliosamente tutte le prove documentali e materiali (foto) per tentare di validare le parole dell’accusa.