FINALE EMILIA – Dopo-terremoto che vai, modello di gestione che trovi. Il terremoto aquilano non è quello emiliano. E poi Monti non è Berlusconi, Gabrielli non è Bertolaso, Errani non è Chiodi, la Protezione civile non ha più gli stessi poteri. Anche il numero di ordinanze e decreti non sono paragonabili. Qui non si è ripetuto nemmeno lo scandalo dei bagni chimici, visto che ora, per quel contratto, a Roma è indagato l’ex capo del dipartimento Guido Bertolaso mentre a L’Aquila si indaga anche per truffa in pubbliche forniture. Infine, gli emiliani non sono gli abruzzesi: almeno così appare e comunque qui così preferiscono credere.
Su questa pianura la Di.Coma.C. non si è calata con le sue truppe cingolate come è successo tra le montagne aquilane: ma silenziosamente e senza squilli di tromba è arrivata anche qui, nella bassa padana.
Gli emiliani rischiano una replica del dopo-terremoto aquilano e se non stanno attenti il risultato finale – anche se attraverso altre forme – potrebbe essere uguale, se non peggiore, di quello abruzzese (valga come primo esempio il nostro articolo sugli effetti del decreto 74 del 6 giugno scorso, art. 17).
Dopo la scossa del 20 maggio, forti del precedente aquilano, gli enti locali emiliani hanno scongiurato il rischio di essere esautorati dei loro poteri: il presidente della regione Errani è stato nominato commissario per l’emergenza e, a sua volta, ha nominato come vicecommissari tutti i sindaci del cratere. Come strumenti operativi sono stati costituiti i Coc, Comitati operativi comunali (assenti nell’emergenza aquilana) e, presso le Prefetture, il Ccs, Centro coordinamento dei soccorsi.
Sulle sponde del Po, finora, la presenza del Dipartimento di Protezione civile è stata molto discreta. Rare le auto nuove fiammanti, niente cene chiassose nei più ricercati ristoranti della zona innaffiate con spumante Ferrari, non si è visto lo sperpero di fondi pubblici e lo sfoggio di arroganza e di opulenza esibito nell’Abruzzo interno: fino a qualche giorno fa le famose “polo blu“, qui nella Bassa, erano addirittura invisibili.
Solo che sabato 2 giugno le carte in tavola sono cambiate. Il Capo dipartimento di Protezione civile, Franco Gabrielli, ex prefetto dell’Aquila durante l’emergenza ed ex capo dei servizi segreti (Sisde), ha emanato il Decreto n. 3. Con esso Gabrielli istituisce la Di.Coma.C., acronimo che ricorda molto il gergo militare: Direzione di comando e controllo. La sede però è fuori dal teatro delle operazioni e dal cratere sismico: Bologna. A differenza di quella istituita da Bertolaso per la prima volta all’Aquila, l’attuale capo dipartimento Franco Gabrielli – come servitore dello stato e uomo delle istituzioni quale è – con il decreto istitutivo si è preoccupato di fissarne anche competenze e composizione.
Al vertice di questa nuova struttura Gabrielli ha posto, come coordinatore, l’ing. Fabrizio Curcio. L’ingegnere ha alle spalle un discreto curriculum: già Direttore presso il Dipartimento dell’Ufficio gestione delle emergenze (e che, in tale ruolo, abbiamo già visto all’opera a L’Aquila), è anche ex vigile del fuoco ed ex […e ci fermiamo qui].
Di fatto a dirigere sarà il vertice della Di.Coma.C, mentre la base della struttura ingloba tutti gli altri organismi che hanno operato fino ad ora (Commissario, Vicecommissari, Ccs e Coc), oltre agli enti locali, le associazioni che gravitano intorno alla protezione civile, i Vigili del fuoco, la Croce rossa, le Forze dell’ordine, le Forze armate ecc.
Per capire quanto la Di.Coma.C muta lo scenario per il futuro, e come il modello di gestione emiliano rischi di avvicinarsi pericolosamente a quello aquilano, agli emiliani di buona volontà consigliamo di leggere il Decreto n.3 in tutte le sue parti. Soprattutto ora che comincia a registrarsi un aumento delle difficoltà da parte degli enti locali e una lenta, strisciante ma progressiva militarizzazione dei comuni della bassa padana.
Angelo Venti
da SITe.it