Edifici sbriciolati, chiese sventrate, capannoni crollati. Questo il desolante quadro lasciato dal terremoto in Emilia, dopo le due serie di forti scosse del 20 e del 29 maggio.
Mentre prosegue la fase dell’emergenza, non si può fare a meno di notare che il sisma ha abbattuto moltissimi capannoni industriali, come fossero di carta, uccidendo alcuni operai che vi lavoravano.
Edilportale ha intervistato Gaetano Manfredi, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli e Presidente della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica (ReLUIS), che sta collaborando con la Protezione Civile alle attività di supporto all’emergenza in Emilia ed è già operativa sul campo nelle zone colpite (Vedi il Report fotografico).
Edilportale: Le scosse del 20 e 29 maggio hanno causato il crollo di moltissimi capannoni industriali e commerciali, con la perdita di vite umane. La causa dei collassi è riconducibile alla magnitudo del sisma?
Gaetano Manfredi: Sicuramente l’intensità del sisma è un fattore importante nel crollo di una struttura, ma in questo caso ha avuto un ruolo determinante la grande vulnerabilità di questa tipologia strutturale.
Dai sopralluoghi emergono, a vostro parere, particolari inadeguatezze dei sistemi costruttivi o dei materiali utilizzati?
I capannoni nella maggior parte dei casi sono stati costruiti senza dettagli sismici, peraltro non richiesti dalla normativa dell’epoca di costruzione. Quindi nodi tra travi e colonne senza connessioni meccaniche e piccoli appoggi. Tegoli di copertura semplicemente appoggiati. La maggior parte dei collassi è dovuta alla caduta delle travi dagli appoggi per limite di spostamento.
Lei ha parlato di travi semplicemente appoggiate. Può spiegarci meglio il metodo di costruzione? È una prassi normale per questo tipo di edifici assemblare gli elementi strutturali a secco?
Le travi sono appoggiate sui pilastri ed i tegoli di copertura sono appoggiati a loro volta sulle travi. Il solo attrito garantisce il collegamento. Per questo motivo sopportano bene i carichi verticali, mentre non sono capaci sopportare le azioni orizzontali dovute al terremoto. In Italia è prassi comune realizzare i nodi a secco.
Come si dovrebbero realizzare i capannoni industriali, per impedirne il crollo in caso di sisma?
È necessario introdurre delle connessioni meccaniche in corrispondenza degli appoggi. In questo caso è possibile per la struttura sopportare le azioni sismiche.
La zona colpita era considerata, fino a poco tempo fa, a basso rischio sismico: questo ha fatto sì che non si siano applicati sistemi costruttivi antisismici?
Il problema è stato il ritardo dell’adozione della nuova mappa sismica che è avvenuta solo nel 2003. Tutte le costruzioni realizzate nella zona epicentrale prima di questa data non hanno nessuna capacità di resistere alle azioni sismiche. Oggi in quelle zone basta costruire seguendo la nuova norma tecnica e le mappe di pericolosità esistenti per essere sicuri. Il grande problema sono le costruzioni esistenti, costruite con regole vecchie e spesso senza regole sismiche.
Le caratteristiche geologiche e geotecniche dei siti colpiti possono aver amplificato o ridotto gli effetti del sisma?
Le caratteristiche del suolo sono estremamente importanti. La conformazione della zona padana, con grandi depositi alluvionali, determina amplificazioni o deamplificazioni locali. Questi effetti si sono sicuramente verificati ed hanno inciso sulle forme spettrali e quindi sulle sollecitazioni delle strutture.
Quanto tempo potrebbe durare lo sciame sismico?
Potrebbe durare anche molti mesi considerando i pochi precedenti storici.
(continua su Edilportale.com)
di Rossella Calabrese