La notizia dell’occupazione è circolata, fra aquilani e non solo. E ha permesso a tante persone con interessi e storie diverse di incrociarsi, parlarsi per provare a costruire qualcosa insieme.
(da Wired.it) – Giuliana Guazzaroni si occupa di arte e realtà aumentata. È di Macerata, domenica è partita all’alba con un autobus ed è sbucata nel tendone, trafelata, a evento già iniziato. Giovanni Colombara e Sebastiano Coppo sono arrivati da Milano per raccontare il loro progetto universitario. Fabio Moretti è uno studente delle superiori aquilano, ha deciso all’ultimo di intervenire, e si è presentato alla manifestazione con il suo cane, Ray Charles. Persone molto diverse fra loro. Eppure loro, e tanti altri come loro, erano in piazza Duomo, domenica, per essere parte attiva di #occupylaquila.
Come sperato, la notizia dell’ occupazione è circolata, fra aquilani e non solo, e ha permesso a tante persone con interessi e storie diverse di incrociarsi, parlarsi e costruire qualcosa insieme. I manifesti stampati con la lista dei relatori si sono rivelati inutili: durante l’evento si sono aggiunti, chiedendo un po’ di spazio per dire la loro. Alla fine gli interventi sono stati 17, dai temi più disparati: dai progetti in corso portati avanti da Enea per trasformare L’Aquila in una smart city alla proposta di creare uno spazio di coworking. Dalla piattaforma web creata da un artigiano aquilano per semplificare le segnalazioni di malfunzionamenti dentro gli appartamenti del progetto CASE alle idee per incubatori.
C’erano giovani di tante associazioni aquilane che in questi anni si sono date da fare per smorzare quel senso di disgregazione e solitudine creati dalla post terremoto. C’erano i giovani di Viviamolaq, che hanno mostrato i video al ritmo di rock con le interviste agli anziani abbandonati nei M.A.P. C’erano l’associazione Policentrica e la redazione di Facenews, free press creato da tre ventenni pochi mesi fa, che ha spiegato come il giornalismo può davvero essere un modo per combattere la mancanza di aggregazione.
Filo portante degli interventi: guardare al futuro. E trovare il modo di sfruttare tecnologia e idee innovative per migliorare la propria condizione e ripartire con una marcia in più. Un esempio ce lo ha offerto Piergiorgio Leocata, artigiano aquilano. “ Avete idea di quanto sia difficile aggiustare la caldaia di un appartamento del progetto C.A.S.E? Non è di tua proprietà, non puoi agire da solo. Devi telefonare qui, lì, là. Sette, otto rimpalli di call center prima di trovare la soluzione”. Ecco perché Piergiorno si è inventato OneMis, piattaforma web per agevolare le segnalazioni e abbattere l’ incubo burocratico.
Ettore di Cesare ha parlato di trasparenza, perché “ una città per essere smart city deve far partecipare i cittadini. E ciò sarà possibile solo quando gli amministratori metteranno a disposizione tutti i dati, dalle cifre dei fondi esistenti alla quantità delle macerie fino alla tabella di marcia della ricostruzione casa per casa.
La giornata è iniziata con le parole degli aquilani racchiuse nel video Questa è L’Aquila, realizzato da Shoot4Change e Anpas e si è chiusa con l’intervento di Emiliano Dante, professore e regista aquilano, che ha ricordato a tutti i presenti che “ terremotato non è una brutta parola. Non bisogna vergognarsi. Io non mi vergogno: è parte della mia storia. Solo predendo cosapevolezza di ciò che siamo possiamo guardare avanti e realizzare tutto quello che ci siamo detti oggi”. L’Aquila vive.
Qui un breve Storify dei migliori contributi della giornata. L’impegno di Wired non si conclude con la manifestazione a L’Aquila: nei prossimi giorni continueremo a pubblicare articoli, cominciando dalle interviste delle persone che hanno presentato i loro progetti a #occupylaquila.