Chi ha la possibilita’ di frequentare la “mensa” di palazzo Madama sa bene che non si tratta di un falso. Il documento è stato sfilato da uno dei tanti menù distribuiti ai “clienti” e custodito in una cartellina rigida in pelle blu. La sua attendibilita’ è quindi fuori discussione. Compresi i prezzi.
Un pasto medio costa poco più di dieci euro. L’iva non viene applicata perché, come in tutti gli esercizi interni alle aziende private o alla pubblica amministrazione, non è previsto dalla legge. Si tratta infatti di un servizio che non ha scopo di lucro: viene fornito per agevolare la vita dei lavoratori, anche se di alto rango, come si presume che siano i parlamentari.
La gestione del ristorante del Senato è affidata ad una ditta privata, la Gemeaz Cusin, con sede a Milano. Il Senato fornisce il locale al piano terra in stile liberty: quasi 200 coperti, su una superficie di circa 400 metri quadrati, cucine a parte. E anche le attrezzature per la cottura, le tovaglie,i bicchieri e le posate.
Queste ultime debbono essere periodicamente rinnovate perché recano lo stemma senatoriale e sono spesso “predate”come souvenir. Ovviamente il prezzo pagato dagli avventori non basta a pagare le spese. Così per ogni coperto del ristorante la “Camera alta” deve raddoppiare la cifra corrisposta dai commensali. L’operazione costa circa 1.200.000 euro l’anno. Ma il presidente del Senato ha fatto sapere che i prezzi della ristorazione interna verranno presto adeguati ai costi effettivi.