Articolo di Tommaso Tani, http://www.ttan.org
“Ricostruire per ricostruire? Meglio non farlo” Al Salone Internazionale del libro di Torino che si sta tenendo in questi giorni presso la struttura del Lingotto Fiere, si e’ tenuta il 15 maggio la lectio magistralis di Mario Botta dal titolo “L’architettura ed il territorio della memoria”, incentrata sul bisogno che ha l’uomo di ricercare, sopratutto in questi tempi di globalizzazione un’identita’ locale, una territorialita’ che restituisce la memoria e che può essere una sorta di rifugio. L‘architetto svizzero, attivo in tutto il mondo – sua la nuova biblioteca di Dortmund, così come il discusso restauro della Scala di Milano ed il progetto della torre Caldora in realizzazione a Pescara – ha poi risposto ad una domanda in merito a quale sia la giusta soluzione per restituire ciò che il terremoto a rubato alla citta’ di L’Aquila. “La citta’ di L’Aquila ha subito un doppio sfregio: quello della natura ed ora sta subendo quello dell’uomo.” ha esordito Botta, aggiungendo che lui non ha, ed anzi, forse non esiste, una ricetta che permetta di ricostruire il capoluogo in maniera perfetta. Si e’ mostrato però convinto della necessita’ di non limitarsi ad una banale ricostruzione del com’era-dov’era: questa deve essere infatti l’occasione di “reagire ma con la potenza, lo spirito e la speranza anche del nostro tempo anzi – carica lo svizzero – io credo che se si deve ricostruire per ricostruire asetticamente e senza alcun apporto innovativo, sia meglio non farlo proprio”.
L’architetto lascia quindi intendere come si possa, anzi si deve pensare ad innovare dove possibile e dove necessario la citta’ di L’Aquila, tant’e’ vero che, secondo lui, un restauro non innovativo e’ una contraddizione in sé. Metterci del nuovo sembra insomma la linea suggerita da Botta che conclude: “la ricucitura del tessuto dell’Aquila e’ un impegno che non e’ più solo della citta’; e’ un impegno del Paese stesso perche’ se noi lasciamo che parti del nostro territorio vadano perdute e ci rassegniamo a dare alle generazioni future un territorio più povero di quello che noi abbiamo trovato, non andremo molto lontano.”