“Le aziende aquilane, terremotate, non riescono a lavorare sulla ricostruzione. La verita’? Le nostre imprese non hanno liquidita’ perche’ le fatture dei lavori eseguiti non vengono pagate nei termini utili. Motivo: per pagare i nostri conti servono i certificati antimafia. Certificati emessi solo dopo indagine antimafia: indagine che non arriva mai”. Lo afferma Alessandra Rossi presidente Giovani Imprenditori Confindustria L’Aquila e rappresentante Confindustria L’Aquila nella Commissione per la Ricostruzione. “E cosi’ – spiega – una volta pagati gli operai, i contributi, la cassa edile e i fornitori siamo costretti a fermarci perche’ non abbiamo piu’ liquidita’.
Le banche, infatti, ci dicono che non possono aumentare la nostra esposizione concedendo altri fidi: chi ha solo debiti, infatti, e nessun incasso, come puo’ sperare di vedersi concesso un ulteriore prestito? Insomma – aggiunge Rossi – quello della ricostruzione e’ un business per gli altri ed una occasione di morte per noi. Infatti, chi viene da fuori Abruzzo, viene con i soldi in tasca, soprattutto perche’ non e’ una azienda terremotata o per altri motivi. Fatto sta che, dopo un anno di anticipazioni sui lavori e nessun pagamento, i soldi li abbiamo finiti. La questione e’ seria e non se ne vede via d’uscita: forse con un intervento da parte degli organi centrali dello Stato si potrebbe studiare un sistema per snellire tutte le procedure burocratiche. Ad esempio quello di trasferire immediatamente le corrispondenti risorse finanziarie gia’ stanziate sulla contabilita’ speciale dello stesso Commissario Chiodi. A fine 2009 – ricorda la presidente dei Giovani di Confindustria – si era detto che la Commissione per la ricostruzione avrebbe lavorato a braccio con tutte le associazioni di categoria con le quali si sarebbe incontrata all’incirca ogni due settimane: in realta’ da allora ad oggi abbiamo avuto in tutto due o tre incontri sporadici! In quella sede si potevano riportare tutte le problematiche e cercare le soluzioni, e invece niente. Anche su questo non si sa perche’ sia tutto fermo. Ma non e’ finita qui. Anche la liquidazione dei danni alle imprese terremotate, gia’ in forte esposizione debitoria, e’ un altro quiz: impossibile riscuotere gli indennizzi alle attivita’ produttive. Non mi sorprenderebbe – osserva – scoprire che in Comune non se ne conoscano neanche le ordinanze, le 3789 e 3808, e che la seconda non sia sta neanche vista: considerato che la sede municipale girovaga da un posto all’altro e’ facile che non si abbia contezza e cognizione neanche di tutte le pratiche che abbiamo fino ad oggi depositato. Insomma, nessuno sa dare una risposta su nulla.
E tra burocrazia e questioni non ancora messe sul tavolo siamo allo sbaraglio. Come Confidustria – aggiunge Rossi – abbiamo raccolto l’adesione di Ance ed Api e ci stiamo attivando per un protocollo d’intesa da sottoscrivere con tutte le istituzioni locali coinvolte nella ricostruzione: la nostra intenzione e’ quella di costituire una check list di aziende per le quali provvediamo noi a fare uno screening e, quindi, a garantirne la estraneita’ da qualsiasi organizzazione malavitosa. Spero che anche qui la burocrazia non ostacoli il corso degli eventi altrimenti, stando cosi’ le cose, subiremo un secondo terremoto.
Qualcuno – conclude Rossi – ci dica di che morte dobbiamo morire: se sappiamo che non possiamo lavorare mandiamo i dipendenti a casa e ci regoliamo di conseguenza, ma restare cosi’, in lenta agonia, ci puo’ solo condannare ad un danno maggiore del chiudere i battenti.