“Di ritorno dall’Aquila”, di Maria Elena Napodano

Non siamo fessi, solo terremotati.

Maria Elena Napodano e’ originaria di Avellino, e questo articolo e’ stato scritto per la gente dell’Irpinia (http://glistregatti.wordpress.com/). La condivisione di esperienze, di chi ha dovuto subire un terremoto, e’ uno dei vari motivi per i quali e’ stato creato  6aprile2009.it. Un giorno, probabilmente,  anche alcuni di noi si troveranno ad aiutare o a scrivere di altre catastrofi, che ci ricorderanno anche a distanza di molti anni quanto stiamo vivendo oggi.

Ogni volta si può raccontare qualcosa in più. L’ultima che ho visto e’ la riapertura di via XX settembre. Se avete mai visto un horror con una citta’ deserta, potrete immaginare le case sventrate e puntellate, le transenne a due metri dai marciapiedi, con una corsia ad unico senso al centro strada, dove il passaggio prevede il divieto di fermata e l’obbligo di transito senza sosta.
Se vi fermate anche solo un attimo, vi strombazzano da dietro.
Via XX settembre e’ una strada che percorre per grandi linee il perimetro della zona rossa. È la strada che passa anche davanti la Casa dello Studente. Non ho potuto fare foto in velocita’, e sinceramente neanche volevo. Per una volta ho vissuto quei posti dal vivo, senza reporting, per una visione tutta mia e solo mia. Tanto le vedete sempre in tv.

Riporto solo qualche nuova immagine, cose che non avevo mai visto, di case poggiate su pilastri polverizzati, crollate su se stesse schiacciando il vuoto delle arcate e tutto ciò che ci si poteva lasciare sotto: auto, bici, passeggini.

Alcuni hanno tentato il recupero di oggetti personali, abbandonandoli poi davanti all’edificio, non sapendo dove portarli.

Chi di voi ricorda il terremoto in Irpinia stentera’ a credere che molte macerie sono state gia’ rimosse, mentre anche una viaggiatrice distratta come me, vede crateri e vacui improvvisi nelle file di palazzi, e ricorda che al posto di quel cielo c’erano le finestre, con intorno i palazzi.

Ecco: la Casa dello Studente e’ ora un cubo vuoto sottoterra, dove spunta ancora qualche fondazione, con mezza traversa ancora attaccata vicino. Non c’e’ più nulla, lì, ora, nemmeno la polvere di quel che era rimasto. Sul colle di Roio, diventato famoso per la scritta “Yes, we camp”, a campeggiare attualmente e’ un funesto annuncio:  “COMPEL LICENZIA”.

Molti soldi sono gia’ stati spesi. Circa 10.000 posti negli alloggi tipo quelli che avete visto inaugurare al Presidente del Consiglio, quando faceva roteare le chiavi di casa in faccia al bambino, sono stati assegnati. Il 70-80% circa dei senzatetto vive  attualmente negli alberghi, più della meta’ sulla costa.

Nei piccoli paesi circostanti, villaggetti di casette prefabbricate sorgono ovunque, dopo interminabili risse sui terreni da utilizzare.

Hanno di nuovo luce, gas, acqua.

Il terrore ora e’ che i soldi siano finiti. Non solo per la ricostruzione VERA della citta’: il centro e’ deserto, così come tutti i quartieri residenziali insistenti sui primi dei 15 chilometri di faglia sulla quale si e’ costruito indiscriminatamente, nonostante i divieti, alcuni dei quali risalenti al Medioevo…! Ma anche per chi non ha perso la casa, e non può comunque rientrarci a fare quei pochi lavori di semplice ristrutturazione, seppure a spese proprie.

Nel frattempo lo Stato paga vitto e alloggio a tutti. Ma passata l’emergenza, c’e’ confusione e foschia sul tema più importante: far rivivere L’Aquila, che attualmente, specie di notte, appare semplicemente come un viatico di lampioni tra muri crepati e mattoni in pericolo di crollo.

Da irpina so che e’ stato bello sognare, nei giorni successivi al terremoto, che le cose sarebbero tornate subito a posto. Sarebbe stato un riscatto anche per noi, alcuni dei quali viviamo tuttora in prefabbricati. Ma si vede che non eravamo del tutto fessi, se a trent’anni di distanza il Corso Vittorio Emanuele porta ancora i segni dei crolli tra un palazzo e l’altro, e se i quartieri dormitorio, costruiti negli anni successivi, stanno cadendo a pezzi per l’usura, con la gente che ci abita ancora dentro.

Non eravamo fessi, solo terremotati.

Come questa gente qui, che tiene duro, ride in faccia alla morte, sfugge alla ricerca di facili scoop da parte di giornalisti commiserevoli, e gia’ il 7 aprile pensava al futuro.