E’ arrivato l’inverno vero nelle zone terremotate dell’Aquilano.
Quello che porta neve, tanta, in montagna ed in pianura; che fa andare le temperature in picchiata; che penetra nelle ossa e nel cuore. La neve scende a giorni alterni. Il panorama e’ ovattato, come vuole la migliore tradizione del Natale. Ed ovattati sono pure il dolore, le grida d’aiuto, i proclami, le passerelle di consegna delle CASE e dei MAP. Se non fosse stato per il ‘j’ accuse’ del capo Dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, qualche giorno fa, contro i colpevoli ritardi delle ditte nella realizzazione degli alloggi, in pochi si sarebbero accorti del dramma che la popolazione terremotata sta ancora vivendo. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in estate aveva assicurato che a settembre tutti sarebbero stato fuori dalle tende. Il perentorio termine e’ poi, per una serie di circostanze, scivolato a fine novembre.
Ora ci siamo. Tutte le aree di accoglienza sono state smantellate. Il blu delle tende del ministero dell’Interno, per carita’ preziose e confortevoli, non e’ piu’ un’ossessione monocromatica per lo sguardo. Gli sfollati, e’ vero, le tende le hanno lasciate. Ma per andare dove? Natale, secondo i dati della Protezione civile, trovera’ circa 8 mila persone nelle CASE, un migliaio nei Map, e quasi 20 mila tra alberghi (10 mila), alloggi privati (8 mila) e caserme della Guardia di Finanza e Campomizzi (1.550). Nella ridda di numeri e dati della Protezione civile, pero’, una componente importante non ha mai trovato posto (qualcuno dice ”volutamente”): e’ il popolo dell’autonoma sistemazione.
Nessuno si e’ mai preoccupato di censire questi ”desaparecidos”, di capire quanti vivono ancora in camper e roulotte, quanti sono costretti ad approfittare dell’ospitalita’ di parenti ed amici, quali sono le loro reali esigenze economiche, le aspettative per il futuro e quanto altro [Asca].