L’Aquila: ricostruzione e repressione nel capoluogo terremotato

Un articolo da http://amisnet.org – “Le istituzioni non si stanno curando delle fasce deboli della popolazione, e pensano di ricostruire con la repressione”. Invitiamo le “istituzioni” a fornirci, se e’ il caso,  un’opinione differente da quanto descritto.

Sono muratori, operai, manovali e carpentieri. Centinaia di lavoratori, giunti a L’Aquila per lavorare alla ricostruzione, costretti a dormire per le strade della citta’ e a mangiare alle mense Caritas.

“Questa citta’ e’ diventata il bersaglio dell’Italia” ha spiegato Gamal Bouchaib, presidente alla consulta degli stranieri del Comune de L’Aquila. “Le agenzie di lavoro nazionali dicono a chi e’ in cerca di lavoro di andare a L’Aquila, assicurandogli che qui si trova da lavorare per i prossimi dieci anni. Ma non si tiene in considerazione la carenza di alloggi, che non ci sono neanche per gli aquilani”.


L’autoparco comunale de L’Aquila, ha raccontato Gamal, e’ stato per giorni abitato da migranti, fino a quando un’ala del parcheggio e’ crollata sotto le scosse che ancora fanno tremare la regione. Fortunatamente non c’e’ stato nessun ferito, ma le circa sessanta persone che dormivano lì sono stati allontanate dalla polizia e diffidate dal questore dall’entrare nel territorio aquilano per tre anni per “motivi di sicurezza pubblica”.

Ogni giorno a L’Aquila giungono persone in cerca di lavoro. Trentacinque di loro, migranti che il lavoro lo hanno gia’ trovato, sono stato accolti temporaneamente dalla Caritas di Pizzoli, ma il sindaco di questo paese ha gia’ dato l’ultimatum: se ne dovranno andare entro il 22 novembre. Dopo quella data non sapranno dove dormire. “La cosa più assurda e’ che queste persone lavorano alla ricostruzione. Il Comune dovrebbe occuparsi di loro, invece di vedere solo gli appalti di milioni di euro. Le istituzioni non si stanno curando delle fasce deboli della popolazione, e pensano di ricostruire con la repressione”.