Domenico ti fulmina con lo sguardo mentre cammina sul cumulo di macerie in cui un tempo c’era Tempera, il suo paese. Non si e’ ancora rassegnato, ma l’esperienza di questi ultimi diciotto mesi gli ha fatto perdere ogni fiducia nello stato italiano. Don Giovanni Gatto, parroco di Tempera, mentre racconta come sia riuscito a salvarsi per miracolo, indica con tristezza la montagna di pietre ed erbacce che ha presso il posto della sua chiesa.
Di ricostruzione non se ne parla più né in consiglio regionale né tra la gente. La speranza e’ ridotta al lumicino mentre un secondo inverno e’ alle porte. Un dramma umano che si svolge lontano anni luce dalle aule parlamentari e dalle sedi dei partiti. La sensazione e’ che l’Aquila, questo pezzo d’Italia, sia stata rimossa dall’immaginario collettivo e che il cartello posto all’ingresso di una delle centinaia di baracche di legno in cui trascorrere quel poco di vita sociale che ancora rimane – dove si legge «questa e’ l’Italia del si salvi chi può» – non sia frutto del qualunquismo quanto piuttosto la fotografia di una realta’ con cui dovremmo fare i conti per molti decenni.
Ruben H Oliva, da www.corriere.it