Nei dipinti dei grandi maestri la raffigurazione dei tanti sismi che hanno colpito l’Italia nei secoli. E qualche messaggio per le generazioni future.
di Jacopo Pasotti, National Geographic – Benvenuti in Italia, il paese delle Cento Città. E delle mille ricostruzioni. Un paese che affonda le sue radici in una catena montuosa che, dall’Appennino alle Alpi, non ha mai smesso di tremare. A ricordarcelo ci sono i geologi e i sismologi storici, ma anche le opere di artisti che in modi diversi hanno rappresentato le catastrofi naturali dai tempi più remoti fino alla diffusione della fotografia.
Pitture e stampe sono più che un prodotto importante dell’arte: sono una memoria, uno strumento in più per riflettere su un prossimo probabile disastro.
Il nostro rapporto con il terremoto è bizzarro. “Viviamo in un Paese sismico, eppure, ogni volta che accade un terremoto è un fatto inatteso, come se i terremoti non fossero mai avvenuti prima”, dice Emanuela Guidoboni del Centro Euro-Mediterraneo di Documentazione Eventi Estremi e Disastri (Bologna e Spoleto).
Dall’anno Mille a oggi sono note 4.800 distruzioni gravissime. La cifra, riferita da Guidoboni, riguarda effetti locali molto distruttivi, dall’VIII all’XI grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, ossia distruzioni da un terzo alla totalità degli edifici di un sito. La maggioranza di questi luoghi sono stati “ricuciti” dimenticando spesso, incredibilmente, che in quelle aree l’energia si accumula per anni e secoli poi è rilasciata all’improvviso.
Sono immagini emozionanti che “mostrano città trasformate da luogo difeso e abitato, al teatro di una sconfitta”, spiega Guidoboni. I paesi distrutti sono stati a volte ricostruiti più a valle, le città rimesse in funzione, quasi sempre in tempi lunghi, e con l’illusione che il terremoto sia stato una disgrazia che non si ripeterà. Ma abbiamo anche un primato italiano: nel 1570 fu progettata la prima casa antisismica con criteri oggi ancora validi.
I terremoti, invece, si ripetono. “Negli ultimi cinque secoli in Italia c’è stato un disastro sismico circa ogni cinque anni e mezzo”. Guidoboni ha presentato i risultati preliminari di uno studio sulla iconografia dei disastri in Italia al Convegno Nazionale dell’Ordine Nazionale dei Geologi, da poco tenuto a San Benedetto del Tronto, riguardante il rischio sismico. “L’Italia possiede un ricco patrimonio di documentazione storica scritta, che utilizziamo da anni per conoscere la pericolosità, ma ha anche una preziosa iconografia sugli effetti dei terremoti. Chi ci ha preceduto pensava al futuro, desiderava che ricordassimo”. La memoria storica non è soltanto uno strumento per gli addetti ai lavori, è invece fondamentale per coltivare la coscienza del rischio, e quindi per convivere con il rischio naturale.
Il terremoto nella concezione religiosa era rappresentato nel sesto sigillo dell’Apocalisse di Giovanni, segno del ribaltamento e distruzione del mondo umano, che annunciava il giudizio di Dio (in E. Guidoboni e J. Ebel, Earthquakes and Tsunamis in the past. A guide to techniques in Historical Seismology, Cambridge Univ. Press, 2009, p,77).
Friuli e Carinzia – Le case di un villaggio di montagna colpite dal grande terremoto del 25 gennaio 1348, che danneggiò estesamente la Carinzia e il Friuli e parte del Veneto. La fama di questo disastro colpì fortemente la società europea del tempo. L’affresco fu dipinto da M. Wurmster di Strasburgo nel 1362 circa, nel Castello di Karlstein, in Boemia.
Siena – Terremoto di Siena del settembre 1467. La tempera su tavola è di Francesco di Giorgio Martini (1439-1501): si tratta di una delle tavolette che costituivano la copertina dei registri delle Biccherne, una magistratura finanziaria del comune di Siena (Archivio di Stato di Siena). Il terremoto interrompe la vita urbana e induce precarietà e insicurezza. Le città colpite vogliono ricordare in modo ufficiale l’abitare in baracche e tende come una quotidianità spezzata. “Molti artisti intendevano lasciare ai posteri non solo una immagine del danno subito, ma anche la rappresentazione sociale di quell’evento”, spiega la sismologa storica Guidoboni. E il caso del dipinto con tende e baracche fuori dalle città di Siena (1467). Conservate negli archivi, questa come altre testimonianze spesso rimosse e sottovalutate, sono memoria ufficiale di un evento catastrofico e luttuoso.
Appennino centro-meridionale – Affresco di Filippo Lippi (1406-1469) nell’abside del duomo di Spoleto. Una natività ambientata in un edificio semi crollato e lesionato, ricorda ai posteri la povertà e la precarietà abitativa dopo un terremoto. È una forte traccia emotiva lasciata dai terremoti del 5 e 30 dicembre 1456 dell’Appennino centro-meridionale, uno degli eventi più tragici della storia sismica d’Italia, in cui furono distrutti centinaia di paesi.
Ferrara – Terremoto del 17 novembre 1570. Si tratta di una sorta di cartolina illustrata per informare la famiglia sui rilevanti danni del terremoto che l’autore, un militare svizzero, aveva visto di persona. Gli effetti sismici a Ferrara furono descritti in corrispondenze diplomatiche, documenti amministrativi e cronache. (Zentralbiliothek Zurich, E. Guidoboni e J. Ebel, 2009)
Cento (Ferrara) – Particolare della città fortemente scossa da un terremoto, probabilmente lo stesso che il 17 novembre 1570, colpì la vicina Ferrara. La tela è di Giovanni Battista Tinti (1558-1604). Cento ha subito danni anche dai terremoti del maggio 2012 (Pinacoteca comunale di Cento).
Sicilia orientale – I terremoti del 9 e 11 gennaio 1693 (Io XI, M 7.4) causarono migliaia di morti e lasciarono distrutte decine di piccole città e paesi. L’interpretazione dell’anonimo pittore coglie il tragico impatto da un punto di vista dell’estetica barocca, evocando il mondo antico e il fato (Collezione privata, in L. Doufour – H. Raymond, 1693, Val di Noto. La rinascita dopo il disastro, Catania, 1992).
Catania – I crolli in città come effetti del terremoto dell’XI grado MCS dell’11 gennaio 1693. Il particolare dalla grande carta di Anonimo, conservata alla Staatbibliothek di Berlino (da E. Guidoboni e E. Boschi, Catania, terremoti e lave, dal mondo antico alla fine del Novecento, 2001, p. 134-135).
Rosarno – Calabria, terremoti del febbraio-marzo 1783: una sequenza di cinque forti sismi in due mesi (ciascuno con centinaia di forti scosse) lasciò distrutta la Calabria centrale e meridionale. Qui sono rappresentate le rovine di Rosarno: è una delle molte tavole – qui acquarellata – di Pompeo Schiantarelli e Ignazio Stile, elaborate durante la loro missione sul campo voluta dall’Accademia delle Scienze in Napoli, la prima organizzata da una istituzione in Italia. Le tavole sono inserite nell’Atlante in appendice al grande lavoro di M. Sarconi Istoria de’ Fenomeni del Tremoto avvenuto nelle Calabrie e nel Valdemone nell’anno 1783 (Napoli, 1784).
Scilla – La grande frana del monte Campallà, nei pressi di Scilla (Calabria), precipitata in mare il 6 febbraio 1783, a seguito del terremoto, causò uno tsunami nello Stretto di Messina. Lo straordinario rilievo, composto da più immagini come un accuratissimo studio geologico, e le relative incisioni, sono di Antonio Minasi (1736-1806). (da I. Principe, La Specola del Filosofo: natura e storia nelle incisioni di Antonio Minasi, Vibo Valentia, 1986).
Foligno – Salvarsi da un terremoto è un’esperienza che non si dimentica. Un baritono, nel corso di un spettacolo, scappa dal teatro comunale di Foligno, che sta crollando per il terremoto del 13 gennaio 1832 della Valle del Topino (Umbria) (Io X M 6.33 ). È un ex-voto, conservato nel santuario di Santa Maria delle Grazie, a Cesena. (da E-Guidoboni e J. P. Poirier, Quand la terre tramblait, Paris, 2004).
Mantova – Il grande affresco nella Sala dei Giganti nel Palazzo Tè di Mantova, realizzato da Giulio Romano e Rinaldo Mantovano nel 1528-1533, può essere visto anche come una rappresentazione artistica del terremoto.
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