A tre anni dal terremoto del 24 agosto 2016, cerchiamo di fare il punto sull’attività sismica in corso nell’area e vediamo come sono proseguite le ricerche in quest’ultimo anno.
La grande quantità di dati sismici, geodetici, geologici, raccolti durante la sequenza è stata già oggetto di numerose pubblicazioni e sono tuttora in corso analisi più di dettaglio, con nuovi metodi e collaborazioni con ricercatori di altri istituti e università italiane e internazionali.
Abbiamo pensato di porre delle domande ad alcuni dei ricercatori che in questi anni hanno studiato e stanno studiando la sequenza sismica e le faglie presenti sul territorio, iniziando da Lucia Margheriti, primo ricercatore dell’Osservatorio Nazionale Terremoti dell’INGV, attuale responsabile del gruppo di lavoro del Bollettino Sismico Italiano e co-autrice dell’articolo “Multi-segment rupture of the 2016 Amatrice-Visso-Norcia seismic sequence (central Italy) constrained by the first high-quality catalog of Early Aftershocks“, di Improta et al., pubblicato sulla rivista Scientific Reports di Nature nel maggio 2019.
Lucia, a tre anni dal terremoto del 24 agosto 2016 possiamo dire che la sequenza sismica nel centro Italia è terminata?
“La sequenza sismica che ha interessato l’Appennino centrale con numerose scosse di magnitudo maggiore di 5 tra il 24 agosto del 2016 e il 18 gennaio del 2017 non è ancora conclusa; infatti l’area compresa tra Camerino e L’Aquila è ancora oggi interessata da una sismicità persistente che presenta un rilascio di energia maggiore rispetto a quanto accadeva prima del 24 agosto 2016. Nel grafico sottostante è riportato l’andamento della sismicità da luglio 2016 ad agosto 2019 all’interno del rettangolo di coordinate lat. 42.4 – 43.2, lon. 12.6 – 13.9: in particolare, le linee verticali mostrano il numero di eventi giornalieri di magnitudo≥2.0 avvenuti durante la sequenza; i giorni e le ore con il maggior numero di terremoti sono quelli che seguono le scosse più forti: più di 800 eventi dopo il 24 agosto 2016 (di cui due forti di magnitudo Mw 6.0 e Mw 5.4 nella zona di Amatrice); quasi 1000 eventi giornalieri dopo il 30 ottobre 2016 (aftershocks degli eventi di magnitudo Mw 5.4 e Mw 5.9 del 26 ottobre nell’area di Visso (MC) e dell’evento più forte della sequenza del 30 ottobre di magnitudo Mw 6.5, con epicentro a Norcia), circa 500 eventi il 18 gennaio 2017 (di cui quattro con magnitudo maggiore o uguale a 5.0 verificatisi nell’area meridionale della sequenza nei pressi di Barete). Nello stesso grafico i cerchietti neri indicano il rilascio di momento sismico giornaliero, una grandezza che stima la somma dell’energia rilasciata dai terremoti ogni giorno, l’asse delle ordinate a destra è in scala logaritmica: il momento sismico rilasciato dagli eventi del 30 ottobre 2016 raggiunge quasi 1019 Nm, un valore un milione di volte più elevato del fondo scala del grafico; come si può vedere il livello dell’energia rilasciata a luglio-agosto 2019 è ancora mediamente più alto di quello di luglio 2016“.
“In totale, l’INGV ha localizzato nell’area della sequenza sismica più di 110000 eventi sismici, grazie al lavoro dei turnisti del Servizio di Sorveglianza Sismica e agli analisti del Bollettino Sismico Italiano che hanno analizzato tutte le forme d’onda disponibili comprese quelle registrate dalle stazioni sismiche temporanee installate dal Gruppo Operativo di Emergenza SISMIKO. I parametri di queste localizzazioni sono disponibili nel database ISIDe (http://terremoti.ingv.it/iside). In totale. fino ad agosto 2019. gli eventi con magnitudo maggiore o uguale a 2.0 sono 14367; tra questi, 74 hanno magnitudo maggiore o uguale a 4.0. Gli eventi localizzati tra il 24 agosto ed il 25 ottobre 2016, che quindi possiamo definire aftershocks del terremoto di Amatrice, sono 20823 di cui 2706 con magnitudo magnitudo maggiore o uguale a 2.0. Di questi, 17 hanno magnitudo maggiore o uguale a 4.0.
Recentemente è stato pubblicato un lavoro da Improta et al. (2019) che a partire dall’analisi fatta dal Bollettino Sismico Italiano localizza tutti gli eventi della sequenza, utilizzando sistemi di localizzazione e modelli di velocità crostale appositamente calibrati per lo studio e l’analisi della sequenza sismica”.
A cosa serve localizzare gli eventi sismici di una sequenza con grande accuratezza?
“La localizzazione degli aftershocks di una sequenza ci aiuta a riconoscere e descrivere le geometrie delle faglie che si sono attivate generando i forti terremoti. Nelle figure sottostanti, tratte dal lavoro di Improta et al. (2019) sono rappresentati con il colore viola (con simboli scalati con il valore della magnitudo) i terremoti avvenuti nei giorni del 24-26 agosto 2016, mentre sono rappresentati come puntini grigi tutti gli ipocentri degli eventi sismici avvenuti successivamente. Nella prima parte della figura a sinistra in alto viene mostrata una mappa con i principali elementi tettonici dell’area e gli epicentri dei terremoti; la sismicità nella prima fase della sequenza ha interessato un’area che si estendeva da poco a nord di Norcia a poco a sud di Amatrice. A destra della mappa ci sono due sezioni che mostrano l’andamento della sismicità in profondità; la sezione A1-A2 sul quale si localizza l’evento principale del 24 agosto e la sezione D1-D2 che passa più a nord e mostra come parte della sismicità sia localizzata su una struttura geologica preesistente, nota in letteratura come il Thrust (sovrascorrimento) dei Monti Sibillini, in parte riattivata come faglia normale. Sotto la sezione longitudinale della sismicità mostra il sistema di faglie attivato durante la sequenza del centro Italia nella sua totale estensione di circa 80 km”.
Lo studio del complesso sistema di faglie che si sono attivate a partire dal 24 agosto 2016 è stato seguito da numerosi ricercatori dell’INGV e di altri Enti, che hanno analizzato le deformazioni sul terreno e quelle visibili dai sistemi satellitari. Abbiamo chiesto ad Antonio Avallone, ricercatore INGV ed esperto di geodesia spaziale, di spiegarci alcune aspetti degli studi effettuati in questo campo.
Antonio, ci spieghi come i dati da satellite vi hanno aiutato a capire cosa è successo durante il terremoto di Amatrice?
“Come noto, il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016 di magnitudo Mw 6.0 ha rappresentato l’inizio della sequenza sismica in Italia Centrale che è stata caratterizzata da altri due eventi importanti, il 26 ottobre con epicentro a Visso (Mw 5.9) e il 30 ottobre con epicentro a Norcia (Mw 6.5). In occasione di ogni evento sismico significativo, il terreno subisce delle deformazioni sia transitorie che permanenti in un’area che è tanto più vasta quanto più grande è la faglia che ha generato il terremoto e, di conseguenza, quanto più grande è la sua magnitudo.
Le deformazioni del suolo causate dall’evento del 24 agosto 2016 sono state misurate da diversi strumenti di misura che si basano principalmente su dati ricevuti da satellite. Tali dati si focalizzano principalmente su due tecniche: una è caratterizzata dal sistema di posizionamento ottenuto attraverso l’utilizzo di dati GPS, mentre l’altra si basa sulla differenza di due immagini SAR acquisite prima e dopo il terremoto, nota come interferometria SAR (InSAR). La prima, quella GPS, permette di determinare con precisione millimetrica la posizione dei siti di misura nonché le loro variazioni a seguito di deformazioni cosismiche. La seconda, invece, permette di ottenere un campo di deformazione continuo spazialmente con precisione sub-centimetrica nella direzione di vista del satellite. L’analisi dei dati InSAR relativi all’evento di Amatrice [Cheloni et al., 2017], usando diverse costellazioni di satelliti (ALOS-2, Sentinel-1 e COSMO-SkyMed), ha evidenziato un campo di spostamento cosismico caratterizzato principalmente da due lobi di deformazione allungati in direzione NNW-SSE localizzati ad Ovest del sistema Monte Gorzano-Monte Bove-Monte Vettore, con massimi di subsidenza nella direzione di vista del satellite di ~20 cm (Figura 3A).
Il campo di deformazione ottenuto da dati GPS mostra una zona d’estensione orientata circa NE-SW, in accordo con quanto osservato dal SAR, con massimi di subsidenza di ~17 cm vicino Accumoli e ~5 cm di movimento orizzontale verso SE e SW vicino Accumoli e poco più a Nord (Figura 3B)”.
Cosa indicano queste deformazioni viste dai dati satellitari? Questi dati sono stati utilizzati anche per vincolare le caratteristiche delle faglie nel sottosuolo?
“I dati GPS registrati hanno permesso anche di osservare deformazioni cosismiche transitorie del suolo in area epicentrale, vale a dire delle oscillazioni del suolo legate al passaggio delle onde sismiche, proprio come nei sismogrammi. Ad esempio, la stazione GPS permanente di Amatrice, appartenente alla rete della Regione Abruzzo, ha osservato, con campionamento ad alta frequenza (10 campioni al secondo), spostamenti dinamici fino a ~15 cm picco-picco sulla componente Nord, ~8 cm sulla componente Est e ~5 cm su quella verticale (Figura 3C) [Avallone et al., 2016].
I risultati ottenuti sulle deformazioni cosismiche permanenti tramite GPS e SAR (Figura 3A, 3B) sono poi stati integrati con quelli ottenuti sulle deformazioni cosismiche transitorie (GPS ad alta frequenza, Figura 3C) e con i segnali sismici disponibili per poter capire, attraverso particolari tecniche di modellazione, la posizione, l’estensione e il processo di rottura della faglia che ha causato il terremoto stesso. Diversi modelli della faglia e del suo processo di rottura sono stati pubblicati in questi ultimi anni. Un recente studio [Cirella et al., 2018] utilizza il completo dataset sopra descritto e propone un modello di rottura bilaterale, con poco scorrimento (slip) intorno all’ipocentro e l’attivazione di due principali asperità, a NW e a SE dell’ipocentro (Figura 3D). Tale modello suggerisce un fronte di rottura che sembra, in un primo momento, accelerare nel momento della rottura dell’asperità più grossa (quella a NW), e poi dividersi in due impulsi, uno in direzione up-dip (verso l’alto) ed un altro in direzione down-dip (verso il basso). Cirella et al. (2018) ipotizzano che questo processo di rottura complesso possa essere stato il risultato di un controllo reologico legato alla presenza del fronte del Thrust dei Monti Sibillini”.
Il terremoto del 24 agosto ha causato delle evidenti deformazioni anche in superficie, che i geologi hanno mappato e studiato approfonditamente in questi anni. Abbiamo chiesto a Paolo Marco De Martini, coordinatore del Gruppo Operativo di Emergenza EMERGEO, di ricordarci come è intervenuto il team dei “geologi del terremoto” e cosa ha fatto.
Paolo Marco, dopo il terremoto del 24 agosto, cosa ha fatto il Gruppo Operativo di Emergenza EMERGEO, cosa è stato ricostruito e quali sono gli studi in corso?
“Sin dall’inizio della sequenza sismica il Gruppo di emergenza geologica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia “EMERGEO” si è attivato per studiare gli effetti cosismici geologici di superficie in un’area di circa 750 km2 identificando e caratterizzando più di 3200 osservazioni/misure.
L’evento del 24 Agosto ha prodotto numerose rotture cosismiche, generalmente continue lungo il sistema di faglia del Monte Vettore. Diversamente, lungo il sistema di faglia dei Monti della Laga, nella parte più meridionale della faglia sismogenetica individuata dai dati sismologici e geodetici, sono state osservate solo alcune rotture discontinue con piccole deformazioni.
In sintesi le rotture del Monte Vettore prodotte dal terremoto del 24 agosto, nonostante una elevata complessità geometrica, (1) definiscono un allineamento continuo che si estende per più di 5 km e mostrano sia componente verticale che orizzontale fino a 35-40 cm, (2) hanno consistenza strutturale interna indipendente dalla topografia, morfologia e geologia interessata, ovvero sia in roccia che su depositi sciolti (Figura 4), (3) mostrano il ribassamento sistematico del lato sud-occidentale, coerentemente con il tipo di deformazione noto del sistema di faglia del Monte Vettore.
È importante sottolineare che queste rotture sono state poi “sovrascritte” da quelle prodotte dal terremoto del 30 ottobre 2016 che ha raggiunto picchi di spostamento verticale fino a 2 metri ed una estensione di circa 28 km. Un lavoro paleosismologico su queste ultime deformazioni (Cinti et al., JGR, 2019) recentemente pubblicato svela le caratteristiche dei paleoterremoti degli ultimi 22000 anni e verrà presentato a breve”.
Abbiamo poi chiesto ad Andrea Tertulliani e Raffaele Azzaro, coordinatori del Gruppo Operativo di Emergenza QUEST (acronimo per QUick Earthquake Survey Team), di spiegarci quanto hanno compreso sulla distribuzione del danneggiamento causato dai terremoti del 2016.
Andrea e Raffaele, perché il terremoto del 24 agosto 2016 è stato così distruttivo?
“La scossa del 24 agosto 2016 ha colpito un’area con una edilizia prevalentemente povera e quindi di scarsa qualità in termini di risposta antisismica. La quasi totalità dei centri storici ha mostrato un livello di danneggiamento gravissimo, culminato con la distruzione pressoché totale di Amatrice e di altre località come Pescara del Tronto, Saletta, Illica o Casale: ad esse è stata assegnata un’intensità pari al grado 10 della scala macrosismica EMS-98. Il susseguirsi delle scosse ha aggravato, di pari passo, i danni e, dopo il terremoto del 30 ottobre a Norcia, nelle località più colpite l’intensità è così salita al grado 11, valore rappresentativo dell’effetto cumulato di diverse forti repliche (vedi Figura 5).
L’elevata vulnerabilità degli edifici nella zona di Amatrice è in parte dovuta alla perdita della “memoria sismica”, a cui è legata la pratica del “buon costruire”. Il lungo tempo trascorso dagli ultimi terremoti disastrosi dell’area, nel 1639 e 1703, ha fatto sì che le accortezze costruttive adottate in passato andassero perdute, nonostante l’area fosse stata classificata sismica già nel 1915. Prova ne è che gli edifici nella zona di Norcia e nell’appennino umbro-marchigiano, già colpiti nel 1979 e nel 1997, pur rimanendo fortemente danneggiati, hanno mostrato una risposta antisismica superiore, grazie ad efficaci interventi di ristrutturazione ed adeguamento”.
Cosa ci ha insegnato questa sequenza così complessa sull’interpretazione dei terremoti storici dell’area?
“Nel passato ci sono state numerose sequenze sismiche come quella del 2016 (vedi Figura 6), in vari casi anche più distruttive. Se dalle fonti storiche è possibile ricostruire, per grandi linee, il quadro finale di danneggiamento, rimane estremamente incerta l’evoluzione spazio-temporale della sismicità e, soprattutto, la definizione dei parametri epicentrali degli eventi sismici. Come abbiamo sperimentato studiando la sequenza del 2016-17, l’effetto del cumulo del danneggiamento conseguente a più scosse ravvicinate nel tempo, può portare ad una sovrastima della magnitudo dei singoli eventi e a notevoli errori nella localizzazione degli epicentri. Questa semplice osservazione ci rende consapevoli che quanto sappiamo sui terremoti del passato, essendo il risultato di descrizioni fatte spesso anche a distanza di tempo dalla fine di una sequenza, non può fornire modelli interpretativi conclusivi. I terremoti del 1703 che hanno colpito la vicina Valnerina, per rimanere nella stessa area, presentano numerose interessanti analogie con quanto osservato nel 2016-17”.
Come scritto, sono in corso molti studi sull’immensa mole di dati e informazioni che questa sequenza sismica ci ha fornito e questo blog dedicherà ancora molto spazio ai risultati che la ricerca otterrà nei prossimi mesi o anni.
Fonte: ingvterremoti.wordpress.com