Ogni volta che si verifica un forte terremoto nel mondo ci viene posta la domanda se la sismicità a scala globale stia aumentando.
Sicuramente sta aumentando la comunicazione degli eventi che vengono registrati ovunque dalle reti mondiali; fino a non molti anni fa la notizia di un terremoto in Indonesia o in Papua Nuova Guinea non sarebbe mai stata ripresa dai media.
Se poi consideriamo che ad un forte terremoto che si genera in mare si lega la paura che possa verificarsi uno tsunami (visto le drammatiche vicende di Sumatra 2004 e Giappone 2011), si comprende questa aumentata attenzione per i fenomeni sismici.
Resta il fatto che è diffusa una percezione di aumentata sismicità che si starebbe verificando da qualche anno.
Come ricercatori la risposta che possiamo dare è quella contenuta nei numeri reali delle scosse che vengono localizzate dalle reti sismiche di tutto il mondo. Infatti terremoti di magnitudo elevata vengono osservati da moltissime stazioni sismiche in tutto il pianeta.
Abbiamo selezionato il catalogo mondiale gestito dall’USGS (United States Geological Survey) perché lo possiamo considerare compilato con criteri omogenei e sufficientemente completo per la magnitudo più elevate. Il catalogo è interrogabile da chiunque a questo indirizzo internet: https://earthquake.usgs.gov/earthquakes/search/. Anche INGV localizza i terremoti mondiali più forti ma riporta sul suo sito web soltanto quelli di magnitudo pari o superiore a 6 da una decina di anni a questa parte (e a partire da magnitudo 5 per l’area Mediterranea).
Questa mappa mostra la distribuzione della sismicità a scala globale per magnitudo 5 o superiore nel periodo 1973-2019. Si può notare che sono poche le aree che non abbiano sperimentato almeno una scossa di magnitudo 7.
Il catalogo USGS consente di fare selezioni a partire dal 1900. Selezionando a scala mondiale i terremoti registrati con una magnitudo pari a 6 o maggiore si ottiene una distribuzione di eventi per anno come quella mostrata nella figura che segue.
Dal grafico si evidenzia subito che il catalogo non può essere considerato completo fino al 1950, quando è evidente che la copertura di stazioni e lo scambio di dati tra Enti governativi sono aumentati e quindi il numero dei terremoti localizzati è aumentato.
Se quindi ci soffermiamo al periodo compreso tra il 1950 e oggi, si ottiene il grafico che segue.
In questo caso si osserva un andamento più regolare, con alcuni anni che mostrano un maggior numero di eventi rispetto ad altri, ma complessivamente l’andamento può essere considerato costante. La riga orizzontale blu rappresenta il numero medio annuo di eventi (di magnitudo pari o superiore a 6), pari a 140. Alcuni anni superano il valore medio e il numero massimo si è verificato nel 2011 (207), condizionato dal gran numero di repliche del terremoto del Giappone dell’11 marzo 2011. Si osserva anche un periodo di “apparente” minore sismicità tra il 1973 e il 1982.
Bisogna ricordare che i terremoti non avvengono con alcun tipo di ciclicità “esatta” e pertanto periodi in cui sono più frequenti si alternano a periodi in cui ne accadono di meno. Il valore medio d’altronde è un mero parametro statistico che non ha alcun significato fisico.
Venendo all’anno in corso, se guardiamo i dati registrati fino a quest’oggi (15 luglio 2019), si segnalano 87 scosse con magnitudo 6 o maggiore. Se facessimo una proiezione alla fine dell’anno (ma senza alcuna certezza che si mantenga costante il numero di terremoti nei prossimi mesi), si avrebbe una stima di 160 terremoti, un po’ sopra la media degli ultimi 70 anni, ma inferiore ai valori massimi.
Proviamo ora a fare lo stesso esercizio per gli eventi ancora più forti, vale a dire quelli di magnitudo 7 o maggiore. In questo caso la distribuzione per anno a scala mondiale mostra un andamento diverso rispetto al grafico per eventi superiori a 6. Infatti si osserva che a partire dal 1920 il numero di eventi medio per anno è costante e si aggira intorno a 12 eventi (riga orizzontale rossa nella figura che segue). Rispetto alle considerazioni fatte in precedenza sulla completezza del catalogo, è evidente che per eventi molto più energetici la capacità delle reti sismiche di localizzare questi terremoti è iniziata ben prima del 1950.
Anche in questo grafico si notano notevoli fluttuazioni intorno al valore medio: alcuni anni hanno avuto la metà di scosse rispetto alla media (“solo” 6 nel 1954 e 1980, 7 nel 2017), alcuni anni hanno avuto un numero di scosse molto superiore alla media (21 scosse nel 1938 e nel 1957, 22 scosse nel 1968, 24 nel 2010).
Se proviamo ad estrapolare fino alla fine dell’anno il numero di terremoti con magnitudo 7 o maggiore accaduti in questa prima parte del 2019 (9 eventi al 15 luglio 2019), si otterrebbe un numero di 16 eventi (nel 2018 furono 17), vale a dire una stima superiore alla media degli ultimi 90 anni, ma inferiore ai numeri massimi citati in precedenza.
Da queste semplici considerazioni possiamo concludere che non siamo in presenza di aumento significativo della sismicità di maggiore energia a scala mondiale, ma le variazioni che si osservano sono all’interno delle fluttuazioni intorno al numero medio di terremoti per anno.
La diffusione di siti web alla ricerca di clic facili e dei social media che rilanciano ogni singolo forte terremoto contribuisce di fatto a creare una percezione della sismicità diversa da quella che possiamo ricavare da un’analisi rigorosa dei dati osservati.
A cura di Carlo Meletti, INGV – Pisa.
Fonte: ingvterremoti.wordpress.com