Vi sentite più sicuri a casa o nel musp, il modulo prefabbricato che è la vostra scuola? La risposta è un coro: «Nel Muuusp!!!!».
Ci sono 3700 bambini all’Aquila che non hanno mai fatto lezione in un istituto in muratura. Sono la Generazione T, quella nata nel 2008-2009, nella stagione del terremoto o poco prima. Non hanno mai conosciuto che cosa significhi vivere senza scosse, sanno tutto sui piani di evacuazione e su come mettersi in salvo quando c’è un’emergenza e, forse anche per questo, tra il mattone e la latta non hanno dubbi: scelgono la latta.
Un’insicurezza da bambini sotto stress? «Anche i loro genitori ci confessano di essere tranquilli quando li lasciano qui. Ci restano otto ore, per buona parte della giornata sanno che i loro figli staranno al sicuro», spiega Monia Lai, dirigente dell’istituto Rodari.
È la drammatica realtà dell’Aquila quasi otto anni dopo il terremoto che provocò 309 morti e più di 1600 feriti. Quelli che hanno scelto di restare si stanno allenando per diventare i giapponesi d’Italia ma per il momento sono soltanto degli italiani qualsiasi in una terra che non ha mai smesso di tremare e che solo nelle scatole di latta si sente al sicuro.
Otto anni dopo a L’Aquila solo un istituto su due è stato riaperto, ma «nemmeno una scuola pubblica è stata ricostruita, dove non è apparso neppure un cantiere di nuovi istituti e persino i progetti non esistono neanche sulla carta e i cronoprogrammi messi a punto con grande fiducia sono stati da tempo superati dalla realtà», denuncia Silvia Frezza, maestra dell’istituto Rodari. Per i lavori di messa in sicurezza servirebbero 170 milioni, ne mancano 80 che si stanno cercando tra fondi Cipe e estensione delle procedure d’emergenza.
Otto anni dopo le scuole riaperte si sono scoperte fragili e indifese all’improvviso dopo le scosse che dal 24 agosto in poi stanno devastando l’Italia centrale. Le scuole di competenza della provincia hanno indici di vulnerabilità che mostrano quanto siano a rischio in caso di scosse mentre in quelle di competenza del comune il problema è stato risolto evitando di calcolare i tassi di rischio anche se la legge li considera un obbligo. «Questo indice è una presa in giro. ci vogliono criteri oggettivi, non metodi a ’ndo cojo cojo, che rendono questo calcolo un assoluto azzardo che fornisce un valore diverso per ogni struttura», si arrabbia il sindaco della città, Massimo Cialente. «Le scuole della città sono le più sicure d’Italia, hanno già superato una verifica sul campo, il terremoto del 2009 e ora vorrebbero far fare verifiche teoriche? Che senso ha?»
Il sindaco ha chiesto anche lui la predisposizione di linee guida per garantire che la costruzione dell’indice almeno sia univoca. Ragionamento ineccepibile ma intanto il tempo passa, le scosse continuano e la paura cresce.
Tanti genitori hanno chiesto il trasferimento dei loro figli dagli istituti in muratura ai Musp. «Nella materna di Pagliare di Sassa, una frazione della città, le iscrizioni si sono dimezzate: l’anno prossimo potrò formare solo una sezione», spiega la dirigente Monia Lai, «c’è chi è andato altrove, chi ha scelto una scuola in muratura e c’è chi ha deciso di lasciare i figli a casa con i nonni, sapendo di perdere un’occasione di formazione di grande qualità ma scegliendo la sicurezza». L’allarme è alto, il calo delle iscrizioni significa mettere a rischio anche i posti di molti insegnanti, i dirigenti del territorio hanno scritto alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli per chiedere di confermare gli insegnanti almeno per il prossimo anno scolastico in attesa che passi la paura di questi mesi.
I più spaventati sono i genitori dei ragazzi delle superiori. Daniela Biancatelli madre di uno studente del liceo Bafile, una struttura che insieme all’istituto tecnico ospita quasi 1800 studenti, tutti a rischio secondo le perizie tecniche.
«E noi non abbiamo alternative. Per i nostri figli esistono solo scuole in muratura o il nulla». Che cosa chiedono? Un Musp: l’ultima certezza in questo difficile inverno a L’Aquila.
Articolo da LaStampa.it (Flavia Amabile)