Lo stesso giorno finiscono sul tavolo del Cda le dimissioni del direttore del Centro nazionale Terremoti e del responsabile tecnico della Rete Sismica Nazionale Centralizzata. A seguire quelle dei responsabili di funzione all’Osservatorio Etneo di Catania. Solo all’ultimo scongiurate quelle del capo delle funzioni informatiche. Dietro i “motivi personali” emerge il malcontento che da mesi serpeggia nell’ente. L’ex presidente Boschi: “Situazione gravissima, di mezzo c’è la sicurezza nazionale”
di Thomas Mackinson, Il Fatto Quotidiano – “Insufficienze e sfruttamento all’Ingv”. Senza troppa pubblicità si sono dimessi tecnici con incarichi di altissimo livello: via il direttore del Centro nazionale Terremoti, via il responsabile tecnico della Rete Sismica Nazionale Centralizzata. Dimissioni arrivate lo stesso giorno. A seguire, quelle di due responsabili di funzione all’Osservatorio Etneo di Catania. Solo all’ultimo scongiurate quelle del capo delle funzioni informatiche. E’ una spia rossa che si accende all’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV), l’ente che monitora e vigila sui terremoti e sulle infrastrutture strategiche del Paese già al centro di vicende dai contorni opachi su cui indagano la Procura di Roma, Corte dei Conti e Anac: storie di sprechi, denunce, interrogazioni e procedimenti disciplinari contro chi parla.
La rinuncia che pesa di più è quella di Salvatore Mazza, direttore del Centro nazionale Terremoti. Seppur motivata da problemi personali traspare il malcontento nel congedo ai colleghi che ringrazia perché “riescono a sopperire a molte delle insufficienze dell’INGV, ma purtroppo queste caratteristiche di resilienza mi pare che siano state sfruttate un po’ troppo in questi ultimi anni e in questa crisi in particolare”. Una frase che da dentro l’Ingv codificano come una resa di fronte a una “strutturale carenza di risorse devolute ad altri settori e non su monitoraggi delicatissimi per il Paese, a partire dal taglio totale di reti geochimiche multi-parametriche sulle faglie attive per studiare i terremoti in arrivo, bistrattate dalla Commissione Grandi Rischi”, oggetto di un’interrogazione parlamentare della senatrice M5S Enza Blundo.
Un male comune, a quanto pare. Perché nelle stesse ore si dimette anche Alberto Delladio, l’uomo che da 10 anni ha in mano tutta la Rete Sismica Nazionale Centralizzata (RSNC), con più di 400 stazioni di monitoraggio, un centinaio solo nell’area delle ultime scosse sismiche. L’Istituto parla di “normale avvicendamento” e Delladdio conferma: “Avevo preventivato le mie dimissioni già alla fine di agosto ma c’è stato quel che sappiamo. Sono dieci anni che svolgo questo incarico che è usurante, perché stai sempre sulla breccia, di giorno di notte, la domenica e a Natale”. Anche lui lascia però con una lettera, protocollata l’11 febbraio, in cui indica le carenze sull’operatività tecnica messe in luce dalla gestione della lunga sequenza sismica iniziata ad agosto 2016.
“In questi sei mesi – spiega Delladio – siamo stati tutti quanti fortemente provati. In un ente con varie centinaia di persone la parte che si occupa del monitoraggio e della manutenzione delle stazioni sismiche conta una trentina di tecnici al massimo (ndr, sulla carta ma quanti sono realmente a partire per le stazioni?). Bisogna rafforzare questo settore soprattutto in vista di sequenze lunghe come quelle che viviamo da tempo”. Ma le assunzioni sono su altro, i concorsi si fanno per stabilizzare i precari. “Propongo almeno di coinvolgere in queste attività colleghi che l’Ingv attualmente impiega in altre, minimo una decina. Perché se andiamo avanti così è evidente che entriamo in sofferenza”. Tra gli esperti di settore alcuni puntano il dito contro Daniela Pantosti, da luglio direttore della struttura terremoti “che essendo geologa e non sismologa ha il pallino delle faglie più che dello studio delle reti e dei precursori”.
Solo minacciate (e poi scongiurate) le dimissioni di Stefano Pintore, responsabile della parte informatica della rete, dove ogni giorno passano milioni di dati da processare, come le onde sismiche durante le sequenze di terremoti. Dall’interno dell’Ingv trapela almeno il motivo: le reiterate richieste di acquisti di strumentazione che non sarebbero stati accolti se non in ultimo, giusto in tempo per scongiurare che le dimissioni si materializzassero ufficialmente. Ancora una volta il punto è la mancata allocazione di risorse necessarie.
Non che all’Ingv manchino, come dimostrano recenti casi di spreco finiti sulle cronache: il milione di euro pagato per la sede di Pisa perché nella stanza dei bottoni si erano dimenticati di onorare il contratto d’affitto con il Comune (con ulteriore spesa di 200mila euro in avvocati per venirne a capo) o le eccessive indennità riconosciute al direttore generale e il doppio stipendio al presidente Gresta, per citarne alcuni. Insomma, l’Ingv sembra un pentolone in ebollizione, non a caso chi fiata all’esterno viene punito: emblematica la vicenda della dirigente Fedora Quattrocchi sottoposta a procedimento disciplinare per aver osato esprimere dubbi sulle operazioni di messa in sicurezza delle chiese di Norcia.
Chi non si tira indietro è Enzo Boschi, per 12 anni presidente dell’Ingv. “Se un ricercatore serio e impegnato come Salvatore Mazza è arrivato a una determinazione tanto grave significa che qualcosa all’interno dell’INGV si è rotto. La gravità della situazione è ulteriormente accentuata dalle dimissioni di altri due figure chiave per il funzionamento completo e costante della rete Rete Sismica Nazionale. Dimissioni necessarie, perché messi nelle condizioni di non poter operare al meglio delle tecnologie esistenti. E non si avanzi la scusa della mancanza di fondi: i fondi e gli addetti ci sono. Si usino secondo le priorità che vengono dal Paese, di mezzo c’è la sicurezza nazionale”.
fonte: Il Fatto Quotidiano