(di Enrico Fierro – Il Fatto Quotidiano) Tre decreti, fiumi di parole, visite sui luoghi del disastro di uomini politici con relativo bagaglio di promesse, ma il dopoterremoto mostra già i segni del fallimento. L’ultima protesta è quella di Marco Rinaldi, sindaco di Ussita. Il suo paese è uno dei centri montani delle Marche colpiti dal terremoto del 30 ottobre e flagellato dalle nevicate delle settimane passate.
Qui la speranza ha un nome “casette”, o più propriamente Sae, soluzioni abitative di emergenza. Si tratta di quei moduli, contestati da molti e osannati da governo e Protezione civile, che potrebbero consentire ai terremotati di vivere nel loro paese in attesa della ricostruzione. “Non arriveranno – dice Rinaldi – l’ho appreso dai giornali. E per questo chiedo un incontro urgente con il commissario Vasco Errani e il capo del Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio”.
Il paese è tutto zona rossa, la gente è stata sfollata negli alberghi sulla costa. È zona di montagna, pascoli, allevamenti, imprese zootecniche. Una realtà che ha bisogno degli uomini per non morire per sempre.
“Ci erano state promesse le casette per la primavera, che non vuol dire entro il 30 aprile, visto che la primavera finisce il 21 giugno. Il loro arrivo in autunno, significa una cosa sola: che montaggio e collaudo si faranno in pieno inverno, con tutti i problemi immaginabili in una zona di montagna come la nostra. La verità è che non contiamo nulla, siamo una piccola realtà e non abbiamo peso elettorale”.
A confermare che le casette arriveranno in autunno, Cesare Spuri, dirigente dell’Ufficio speciale per la ricostruzione della Regione Marche: “Le casette in primavera sono un obiettivo ambizioso, forse troppo. Per aprile la consegna è prevista per Arquata e Pescara del Tronto”.
Intanto i terremotati sono costretti a vivere negli alberghi, ma neppure qui le cose vanno bene. Per ogni terremotato ospitato lo Stato paga 60 euro al giorno, ma i soldi in molti casi arrivano tardi. Per questo Andrea Evangelista, titolare dell’Hotel Cavalieri di Monteprandoni, in provincia di Ascoli, ha le mani nei capelli.
“Mi trovo di fronte a un bivio – ha dichiarato alla stampa – o caccio dal mio albergo i terremotati, oppure lo regalo allo Stato”. Il motivo? “La Regione Marche ci sta prendendo in giro, ritarda i pagamenti concordati quando abbiamo sottoscritto il contratto. Sono mesi che li prego di pagarmi”. Ritardi, soldi che non arrivano, disagi degli sfollati.
Eppure le Sae (soluzione abitativa di emergenza) dovevano essere il miracolo che avrebbe risolto i problemi dei terremotati.
Non c’erano appalti da fare, ditte da convocare, procedure da espletare a catastrofe avvenuta, visto che una gara era stata già indetta il 9 aprile 2014 e chiusa il 5 agosto 2015. Un affare succulento da 1,2 miliardi per la fornitura di 18mila moduli abitativi provvisori (costo a metro quadro 1350 euro, più 25mila euro per fondazioni e opere di urbanizzazione) vinto in buona parte dalla Lega delle Cooperative, più altre società indipendenti. Tra queste una ditta specializzata “nella realizzazione di celle frigorifero e stabilimenti per l’industria alimentare”. Un costo altissimo, secondo alcuni esperti del settore, per una qualità scadente.
Ad Ussita la richiesta è di 100 moduli, poca cosa rispetto ai soldi impegnati e alle promesse fatte. “Ussita per noi è importante – ha detto il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli – l’incontro lo faremo presto, lunedì partiranno le demolizioni per liberare le aree da urbanizzare”. Una data non c’è, la primavera è una chimera. I terremotati possono aspettare.