VALENSISE (INGV): MONTEREALE, AREA A RISCHIO

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Ventiquattro scosse superiori al secondo grado Richter negli ultimi sette giorni, con un raggio di cinque chilometri da Montereale e magnitudo massima 3.1 registrata l’altra notte alle 2.07.

Il mini sciame nell’alta valle dell’Aterno era partito all’indomani di Amatrice, il 24 agosto (varie scoss fino al 23 ottobre, magnitudo massima 3.3), per poi riattivarsi dopo il grande evento di Norcia del 30 ottobre: da quel momento 26 scosse, con picco l’altra notte (3.1).

Quanto basta, in ogni caso, per tenere alta l’attenzione su questa porzione di crosta terrestre, come conferma il sismologo dell’Ingv Gianluca Valensise.

Salta agli occhi che c’è uno “spazio” tra l’evento più a sud legato alla sequenza di Amatrice e quelli più a Nord della crisi aquilana del 2009. Tutti pensiamo questo. A sud-est di Amatrice e fino all’Aquila c’è un bel pezzo di crosta terrestre che non ha rilasciato eventi significativi negli ultimi anni, se non quello del 9 aprile 2009, di Campotosto, di magnitudo 5.4. La differenza, in questo caso, è che ci troviamo vicino a una zona che è stata già attivata e che, quindi, ha ricevuto un ulteriore caricamento di sforzo il 24 agosto. Noi, però possiamo fermarci qui.

In che senso? Immaginiamo le faglie come un recipiente liquido: è impossibile sapere che la faglia del 1703 possa generare un altro forte episodio. La zona in questione ha rilasciato molti micro terremoti a partire dal 2009, in diversi sciami.

Questo ha un significato? No e purtroppo lo abbiamo visto bene nel caso dell’Aquila.

La scala dei terremoti è logaritmica: l’energia associata a terremoti piccoli è, appunto, molto piccola.

Il bacino di Montereale è legato agli eventi del 1703? Sì, ritengo che siamo pienamente in quella zona. Parliamo, per L’Aquila, di un sisma di magnitudo 6.6-6.7 e, dunque, la faglia associata è lunga almeno una trentina di chilometri. Per questo non si può identificare quell’evento con un singolo punto. Possiamo dire, però, che quello del 1703 è un terremoto piuttosto recente per pensare che la faglia che l’ha generato è ancora sotto ricarica. Tre secoli non bastano per generare un nuovo forte terremoto.

Però resta l’opzione dello “spazio” vuoto tra L’Aquila e Amatrice. Per quel poco che sappiamo ci preoccupa più il “ramo” orientale, ovvero il box sismico che va da Campotosto, passando per Amatrice, Monte Gorzano, Monte Vettore. Nel 1703 dovrebbe essersi attivato invece il box occidentale.

Lo sciame di questi giorni come può essere inquadrato? Fa parte del corteo di repliche. Ci sono anche delle scosse a Spoleto dello stesso genere.

Non comporta necessariamente che arrivi il grande terremoto. Quello che vediamo è che il livello di repliche sta scendendo molto lentamente rispetto a quanto accaduto il 24 agosto.

Il territorio dell’Aquila può subire altre forti scosse? Dipende dal numero di faglie importanti che una città ha intorno. Nel caso di Reggio Calabria, ad esempio, c’è un’unica grande faglia il cui movimento mette al sicuro per un periodo. In chiave generale un terremoto su una faglia non esclude terremoti su un’altra, anzi.

Quale scenario di danno è ipotizzabile per L’Aquila, in caso di sisma a Montereale? Credo che non sarebbe disastroso perché il patrimonio dell’Aquila ha superato un sisma che ha avuto sotto ai piedi.

Articolo tratto da IlMessaggero, intervista di Stefano Dascoli