15 ottobre – La regione etnea, come larga parte della Sicilia orientale, è un’area ad elevata pericolosità sismica essendo esposta agli effetti di terremoti di elevata magnitudo, anche superiore a 7.
Gli eventi di riferimento, negli ultimi 1000 anni, sono quelli del 1169 e 1693 con epicentro nel settore sud-orientale ibleo, o il terremoto calabro-messinese del 1908, come riportato nel Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI. Queste scosse hanno prodotto grandi devastazioni anche alle falde dell’Etna, soprattutto tra Catania e il settore orientale del vulcano.
L’Etna e i terremoti vulcano-tettonici
Molto più frequente ma altrettanto distruttivo può essere tuttavia il danneggiamento legato ai cosiddetti terremoti “vulcano-tettonici”. Anche se di basso livello energetico rispetto agli eventi regionali – qui la magnitudo massima non supera 5 – essi causano danni anche molto gravi e, localmente, distruzioni, con intensità che nell’area epicentrale possono raggiungere il X grado della Scala Macrosismica Europea (EMS, Grünthal, 1998). Fortunatamente, a causa della superficialità degli ipocentri (profondità ≤ 3 km) e della forte attenuazione dell’energia sismica già a pochi chilometri dall’epicentro, gli effetti maggiori si concentrano in zone di pochi chilometri quadri in prossimità della faglia che ha generato il terremoto.
Il settore dell’Etna più soggetto a questo tipo di sismicità è il versante orientale (vedi figura sotto), sfortunatamente il più densamente urbanizzato del vulcano, che è attraversato da numerose faglie attive (Azzaro, 2010). L’area in particolare che è più frequentemente colpita da questa tipologia di eventi è quella compresa tra Acireale, Zafferana e Giarre. Qui tra gli eventi maggiori il Catalogo Macrosismico dei Terremoti Etnei CMTE riporta quelli del 1865, 1911 e 1914 che hanno provocato distruzioni di frazioni e borgate rurali, o quelli del 1879, 1984 e 2002, che hanno interessato maggiormente i centri abitati più grandi.
Il terremoto del 1911
E’ questo il contesto in cui va inquadrato il terremoto del 1911, tra i più forti che hanno colpito l’area etnea negli ultimi secoli. Il terremoto avvenne alcune settimane dopo la fine di un’eruzione laterale che interessò a settembre il fianco settentrionale del vulcano: le bocche si aprirono lungo il Rift di Nord-Est (vedi figura sotto) e la colata lavica danneggiò estese zone coltivate a valle, interrompendo anche la ferrovia Circumetnea tra Linguaglossa e Randazzo.
Il periodo sismico iniziò il 6 ottobre con varie scosse di piccola entità avvertite nel settore orientale dell’Etna; a partire dal 14 ottobre l’attività si intensifica nel basso versante orientale sino a quando il giorno 15 alle ore 09.52 – era una domenica – le contrade ad ovest di Giarre, dell’Etna, furono scosse violentemente. Fondo Macchia ed altre borgate limitrofe come Baglio, Fago, Rondinella e Mangano subirono la distruzione pressoché totale; le vittime furono 13. Danni minori si ebbero anche a S. Venerina, S. Alfio, S. Giovanni Bosco ed in altre località a nord di Acireale (vedi la distribuzione degli effetti macrosismici del terremoto nella figura sotto). Il terremoto fu avvertito in quasi tutto il versante orientale del vulcano.
Nell’area epicentrale l’intensità massima raggiunse il grado VIII-IX EMS, valore a cui le tipologie edilizie estremamente scadenti presenti all’epoca nella zona etnea pedemontana subiscono, nella totalità dei casi, il crollo totale. A questo si aggiunga la vulnerabilità diffusa anche di costruzioni più “qualificate”, indebolite dalla presenza di lesioni preesistenti dovute a terremoti precedenti. Il periodo sismico si concluse dopo una decina di giorni.
Evidenze tettoniche dell’attività sismica
I terremoti “vulcano-tettonici”, particolarmente quelli più energetici, sono spesso accompagnati da vistosi effetti di fagliazione superficiale, ovvero estesi campi di fratture al suolo provocati dal movimento cosismico – cioè improvviso, veloce – della faglia. Tale fenomenologia produce effetti sul terreno quali gradini morfologici, fenditure e depressioni, con spostamenti relativi delle parti dislocate anche significativi (varie decine di centimetri) e lunghezze complessive del campo di fratture sino a 6-7 km (Azzaro, 1999). Nel caso del terremoto del 1911 si aprirono profonde ed estese fenditure nel terreno alla base della scarpata della faglia di Moscarello (vedi figura sotto), nel tratto tra Fondo Macchia e l’abitato di S. Giovanni Bosco posto 6 chilometri più a sud.
Generalmente queste evidenze tendono a scomparire rapidamente a causa del rimaneggiamento del suolo dovuto a processi erosivi o attività antropica. Alle volte fenomeni erosivi particolarmente intensi dovuti a piogge torrenziali mettono in luce zone di dislocazione in cui è possibile vedere lo spostamento cumulato nel tempo dalla faglia. Un caso del genere è documentato per la faglia di Moscarello già nel 1911 e, più recentemente, nel 1995 per un’altra faglia della stessa zona (vedi figura sotto).
Il contesto antropico
L’area interessata dall’evento sismico del 1911 era caratterizzata dalla presenza di insediamenti sparsi formati da piccole borgate e abitazioni rurali isolate (Guidoboni et al., 2007). Il territorio, del tutto votato all’agricoltura, era intensamente popolato ma nonostante le distruzioni estese, il numero delle vittime fu tuttavia limitato dal fatto che la popolazione si trovava già in gran parte fuori dalle abitazioni, ma i feriti furono una cinquantina (vedi la notizia del terremoto sul giornale La Stampa nella figura sotto).
I primi interventi di soccorso e di sgombero delle macerie furono operati dalle autorità civili e militari locali (Acireale e Giarre), che istituirono anche dei presidi per evitare atti di sciacallaggio nelle abitazioni abbandonate. Due giorni dopo il terremoto furono allestite le tendopoli per dare ricovero agli sfollati.
La particolarità del terremoto del 1911 è che esso ha lasciato un segno anche nel territorio, avendo cancellato del tutto ciò che rimaneva dell’insediamento rurale di Fondo Macchia. Questa località era stata rasa al suolo nel 1865 da un altro fortissimo evento sismico (vedi storia sismica sotto), che qui produsse una sessantina di vittime (Grassi, 1865). Da notare che anche questo terremoto ebbe la medesima area epicentrale e determinò sul territorio uno scenario di danneggiamento pressoché analogo all’evento del 1911.Il terremoto del 1911 segna quindi la scomparsa definitiva di Fondo Macchia come insediamento abitativo permanente, che da quel momento assume un carattere definitivamente agricolo.
Come molti forti terremoti italiani accaduti ad inizio novecento, anche il terremoto etneo del 1911 contribuì a sviluppare le norme legislative di tipo “antisismico” e ad ampliare la lista dei comuni classificati sismici. Curiosamente però, furono solo alcuni comuni del messinese (Alì, Nizza di Sicilia, Rometta, Saponara, Villafranca Tirrena) ad essere classificati in 2° categoria nel 1912, ma nessuno di quelli etnei!
Fonte: http://ingvterremoti.wordpress.com, a cura di Raffaele Azzaro (INGV, Sezione di Catania)