MA CHI È LEI, DOTTOR BERTOLASO ? (di Giustino Parisse)

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L’Aquila, 29 settembre 2016 – Dottor Guido Bertolaso, il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello ha chiesto ieri -27 settembre, ndr- per lei la condanna a tre anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni.

La ritiene responsabile se pur in maniera colposa della morte di un certo numero di aquilani finiti sotto le macerie nella notte del sei aprile del 2009.

Venerdì sapremo se ci sarà una condanna o una assoluzione. Anche nel caso per lei più sfavorevole avrà la possibilità di ricorrere alla prescrizione e tutto finirà in una bolla di sapone. Ma non le voglio parlare del processo in corso. Qualsiasi sarà la sentenza l’accetterò. Magari arrabbiandomi, magari piangendo oppure rassegnandomi e tornando a prendere atto che  – processi o non processi – nessuno mi restituirà i miei figli e che sulla loro memoria e su quella di mio padre e di altri 306 martiri si continua a gettare il fango dell’indifferenza. Che è il peggio di tutti.

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No, le voglio parlare d’altro. E vorrei porre la domanda che Gesù rivolse un giorno ai suoi disce- MA CHI E’ LEI DOTTOR BERTOLASO?  Quando ho saputo della richiesta di condanna mi sono chiesto: ma chi è veramente Guido Bertolaso? Nei mesi post sisma lei agli aquilani era apparso una sorta di generale Custer. Giunse all’Aquila subito dopo la battaglia che la città aveva perso con il terremoto e che aveva lasciato sul campo centinaia di vite innocenti.

A capo delle truppe della protezione civile prese in mano la situazione, raccolse i sopravvissuti dando loro un bicchiere d’acqua, un pasto caldo, una coperta, un tetto più o meno provvisorio. Alla maggioranza degli sfollati lei apparve come l’uomo della provvidenza. Ricordo, per averlo visto con i miei occhi, anziani che le si inginocchiavano davanti cercando di baciarle la mano, c’era gente che invocava un suo intervento per poter tornare a lavorare in una struttura provvisoria da realizzare nel giro di 24 ore.

Se a L’Aquila si fosse votato alla fine del 2009 lei sarebbe stato eletto sindaco per acclamazione. Alcuni Comuni del circondario le hanno dato la cittadinanza onoraria e lo stava per fare anche L’Aquila se da alcune Procure, nel marzo del 2010, non si fossero alzate nubi che promettevano tempesta.

Oggi lei da uomo della Provvidenza è diventato Belzebù. Le intercettazioni telefoniche hanno svelato un cinismo che io pure che l’ho incontrata più volte,  non avrei mai immaginato. Ricordo il 14 agosto del 2009 quando il Centro la intervistò nella scuola della Guardia di Finanza e lei promise che si sarebbe fatta chiarezza su tutto quanto accaduto in quella maledetta settimana dal 31 marzo al 6 aprile di oltre sette anni fa.

Ho poi saputo dai giornali che lei il giorno dopo era a Roma per incontrare in maniera più o meno furtiva un imprenditore interessato alla ricostruzione dell’Aquila. Incontrare imprenditori di per sé non è una vergogna ma per me che avevo di lei un sentimento positivo fu un colpo.

Nei giorni scorsi il sindaco dell’Aquila, con il quale lei ha lavorato gomito a gomito in quei mesi terribili, l’ha accusata di aver voluto il piano Case perché non intendeva ricostruire L’Aquila, come se lei fosse un barbaro della serie: dove passo io non crescerà più erba. Accuse forti a cui lei risponde con contro accuse che finiscono per generare caos e confusione.

Oggi scopriamo che lei è capace anche di mentire a se stesso, prima affermando di voler rinunciare alla prescrizione e poi facendo il contrario.

Forse non si rende conto (ma in questo purtroppo non è solo) che chi ha pagato il prezzo più alto nella notte del terremoto (e parlo delle vittime e dei loro parenti) ogni volta che sente una bugia conclamata è come se ricevesse un colpo di pugnale al cuore: le ferite si riaprono e il sangue misto a dolore torna a fiottare.

Non sono abituato a lanciare sfide (che sono sempre un’arma debole) ma vorrei che lei un giorno venisse all’Aquila – il posto lo scelga lei – per rispondere a questa mia semplicissima domanda: chi è veramente l’uomo Bertolaso? Ci pensi.

Se deciderà di rispondere – con la sincerità che spero non le faccia difetto – dopo, magari, si sentirà un po’ meglio anche lei.

Articolo da IlCentro, di Giustino Parisse