Leggi anche: TUTTI I TERREMOTI ITALIANI DEGLI ULTIMI MILLE ANNI
«La città dell’Aquila fu, non è; le case sono unite in mucchi di pietra, li remasti edifici non caduti stanno cadenti. Non so altro che posso dire di più per accreditare una città rovinata»
(Marco Garofalo, Marchese della Rocca, Lettera al Viceré del Regno di Napoli)
Le righe estratte dalla lettera del marchese Garofalo, indirizzata al Viceré per informarlo della situazione, lasciano immaginare come potesse presentarsi la città dell’Aquila ai suoi abitanti e a chi vi giungesse nelle prime ore e nei primi giorni dopo la scossa principale del 2 Febbraio 1703. Tuttavia, la capacità di reazione della popolazione fu la principale forza che determinò la rinascita della città, nonostante la mancanza di una forte autorità pubblica e i limiti materiali, economici e tecnologici dell’epoca e nonostante il tentativo, dall’esterno, di incentivare l’abbandono della città da parte dei superstiti a favore di altri territori confinanti, come hanno sottolineato recenti ricerche storiche.
Nel corso del II millennio, quella del 1702-1703 fu una delle più gravi crisi sismiche dell’Italia centrale per numero di vittime, numero dei centri abitati distrutti o gravemente danneggiati, estensione dell’area di risentimento delle scosse. I danni più gravi si registrarono in un’ampia regione che si estende da Norcia all’Aquila (alto Abruzzo). Danni minori o semplice percezione delle scosse furono registrati dalla Romagna fino a Napoli con danni importanti in diverse città come ad esempio Roma e Spoleto.
Il terremoto dell’Aquila del 1703, conosciuto come il Grande Terremoto, è stato un insieme di eventi sismici verificatisi durante l’anno 1703 nell’alta Valle dell’Aterno e nell’intera parte settentrionale dell’Abruzzo (province dell’Aquila e a parte di quella di Rieti).
OTTOBRE, NOVEMBRE 1702 – TERREMOTO A NORCIA
Lo sciame sismico in questione cominciò, con ogni probabilità, nel corso 1702 con eventi strumentali; il primo grande evento si verificò il 18 ottobre 1702, vicino l’abitato di Norcia, ed ebbe una magnitudo momento di 5.2. L’evento venne avvertito in tutto il centro Italia, Roma compresa, come testimoniato dalle numerosissime corrispondenze con cui si riportano anche i danni subiti dalle città prossime all’epicentro. Un altro evento, della stessa magnitudo e con epicentro simile, avvenne il 14 novembre 1702.
14 GENNAIO 1703, ANNIENTATO MONTEREALE
La prima scossa distruttiva si verificò il 14 gennaio 1703 (qui una testimonianza storica), con una magnitudo momento di 6.8, causò devastazioni del XI grado della Scala Mercalli e fu, per intensità, il maggiore tra gli eventi della sequenza sismica.
Essendo trascorsi alcuni mesi dai primi episodi, la scossa del 14 gennaio 1703, giunse pressoché inaspettata. Il cronista Marcucci testimonia per iscritto la caduta del campanile in L’Aquila e della facciata di San Pietro di Sassa e la parziale distruzione della chiesa di San Quinziano, oltre a varie case danneggiate, ma a L’Aquila non vi furono morti. La scossa, violentissima, aveva invece quasi del tutto annientato MONTEREALE, provocando 800 vittime (su un totale di circa un migliaio) e danneggiato molto anche Cittareale, Leonessa, Posta, con una quarantina di morti tra Borbona, Amatrice ed Accumoli.
Il 15 gennaio fu organizzata una processione di penitenza. Un successivo scuotimento il 16 gennaio, sul calar della sera. I danni furono maggiori della scossa verificatisi due giorni prima. Il magistrato aquilano, nella sua relazione al viceré di Napoli, testimonia la caduta di due chiese (Santa Maria di Roio e di San Pietro a Coppito, già pesantemente lesionate dall’evento precedente), molte altre lesionate e le case rovinate.
2 FEBBRAIO 1703, LA DISTRUZIONE DELL’AQUILA
Il 2 febbraio del 1703, giorno della festività della Purificazione di Maria e del connesso rito della Candelora, un altro sisma si verificò a nord della città di L’Aquila causando forti danni in tutta la regione. Dall’analisi dell’INGV, dall’intensità massima legata al terremoto del 1703 si deduce che l’energia rilasciata è superiore a quella del terremoto del 2009. Confrontando, infatti, le magnitudo momento Mw attribuite, 6.7 al 1703 e 6.3 al 2009, il terremoto 1703 ha rilasciato un’energia più di 5 volte maggiore di quella del terremoto del 2009.
La forte scossa sorprese i fedeli radunati nelle chiese poco prima di mezzogiorno; alcune centinaia erano i presenti in quel momento nella basilica di San Domenico in L’Aquila dove si concedeva una comunione generale. In pochi secondi le capriate del tetto cedono, seppellendo i numerosi presenti alla cerimonia di ringraziamento (circa 800 persone morirono nella chiesa).
La città dell’Aquila fu completamente distrutta. Solo nel giorno della Candelora i morti furono 2500; I feriti in quella giornata furono 2000. Ma il terremoto fece vittime anche nelle città vicine per un bilancio totale di oltre 6.000 decessi
Le chiese di San Bernardino (rimase in piedi solo il coro, la facciata e le mura laterali), San Filippo, la Cattedrale di San Massimo, San Francesco, Sant’Agostino e tutti i palazzi della città risultarono o rasi al suolo oppure pesantemente danneggiati.
Alla scossa principale del 2 febbraio ne seguirono altre, per ben ventidue ore, durante le quali la terra esalava pessimi odori e l’acqua dei pozzi cresceva e gorgogliava a causa dei gas.
Gli scuotimenti raggiunsero Norcia, portando rovine lungo il cammino alle località di Accumoli, Amatrice, Posta, Leonessa.
GLI STUDI DELL’INGV SULLA SEQUENZA DEL 1703, DIFFERENZE CON IL TERREMOTO DEL 2009
Nel complesso, la sequenza sismica del 1703 si è evoluta nello spazio da nord verso sud e nell’ambito di qualche giorno si sono verificati più eventi sismici di elevata magnitudo che hanno interessato aree diverse perché prodotti da faglie diverse. Questa modalità di rilascio dell’energia sismica è stata osservata altre volte nell’Italia peninsulare, ad esempio nel 1997 in Umbria-Marche (il 26 settembre e il 14 ottobre), nel 2002 in Molise, nel 1456 in Appennino meridionale e nel 1783 in Calabria.
L’evoluzione della sequenza sismica del 1703 non mostra quindi un comportamento “tipico” che avrebbe dovuto far ipotizzare l’evoluzione della sequenza del 2009.
Riconsiderando quindi le caratteristiche del terremoto aquilano del 1703, si può concludere che si è trattato di un evento sismico distruttivo non paragonabile in nulla a quello del 2009.
Forse, a ben guardare, in altre questioni dovrebbero essere cercati punti che accomunino questi due terremoti. In effetti, la rilettura della storia fa emergere che anche trecento anni fa la discussione tipica del dopo-terremoto sulla possibilità di prevedere i terremoti fu ricorrente.
Al proposito basta leggere Anton Ludovico Antinori, il grande storico aquilano del Settecento: “Niuno però presagì prima dell’avvenimento quello, che dopo l’avvenimento di poter naturalmente presagire dicevano quasi tutti”.
Fonti: ingv.it, wikipedia.it