L’Aquila, 26 gennaio 2015 – Tre anni di reclusione per l’ex rettore dell’Università dell’Aquila Ferdinando Di Orio, riconosciuto colpevole dal Tribunale di Roma di avere indotto un professore dello stesso ateneo, Sergio Tiberti, a consegnargli denaro non dovuto. La sentenza è stata pronunciata ieri mattina dopo tre rinvii.
Il 12 novembre scorso il pm aveva chiesto sei anni. Condanna anche alla confisca dei beni da parte dello Stato per 89 mila euro, l’equivalente della somma che la giustizia ha stabilito debba essere risarcita al professor Tiberti. Il tribunale di Roma ha disposto inoltre, in forma esecutiva, che Di Orio versi entro due mesi a Tiberti una provvisionale di 18 mila euro come anticipo: in un successivo procedimento civile sarà fissato l’ammontare del risarcimento che spetta al professore.
L’ex rettore è stato anche condannato a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Nella sua denuncia, nel 2009, Tiberti spiegò di aver detto basta nel 2006 alle dazioni che gli venivano richieste dal rettore, sotto la minaccia di compromettere, in caso contrario, la sua carriera accademica e professionale di docente.
“Stamani a Roma si è chiuso il procedimento di primo grado nei confronti del Professor Ferdinando Di Orio, con la caducazione dell’iniziale accusa di concussione mossagli dal collega, professor Sergio Tiberti, e la derubricazione del reato di concussione in quello meno grave di induzione indebita“.
Cosi’ gli avvocati Mauro Catenacci e Guido Calvi, difensori dell’ex rettore dell’Università dell’Aquila, in una nota, commentano la sentenza di condanna del Tribunale di Roma a tre anni di reclusione del loro assistito, riconosciuto colpevole di avere indotto il suo collega docente Sergio Tiberti a consegnargli somme non dovute. I due legali, che annunciano appello, parlano di induzione indebita e non di concussione, reato per il quale Di Orio è stato rinviato a giudizio e sul quale si è aperto il processo a Roma, rifacendosi alla riforma Severino dell’ottobre 2012.
“Si tratta – si legge ancora nella nota – di una figura introdotta nel 2012 dalla legge Severino, che prevede la punibilità sia di chi paga che di chi riceve, e che in questo caso è stata applicata al solo Prof. Di Orio, e non anche al Prof. Tiberti, in ragione di un principio di irretroattività della legge penale”. Per gli avvocati Catenacci e Calvi, quest’ultimo ex componente non togato del Csm, “se insomma la presunta commissione dei fatti contestati fosse avvenuta dopo il 2012, sarebbero stati condannati sia accusato che accusatore. Per quanto qualitativamente e quantitativamente meno grave di quella inizialmente ipotizzata, anche questa accusa è comunque ritenuta dai difensori, del tutto insussistente e verrà pertanto assoggettata ad appello non appena saranno rese note le motivazioni della sentenza”.