Oltre un milione di italiani esposti a fenomeni franosi, 6.180 i punti critici sulla rete stradale nazionale secondo l’ultimo rapporto Ispra
da wired.it – 15 apr 2015 – A che punto è il dissesto idrogeologico italiano? A fare chiarezza, in un paese dove troppo spesso la tematica si impone solo in occasioni emergenziali con strascico luttuoso, l’ultimo rapporto di sintesi dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), consultabile anche on line per chi vuole approfondire dati e prospettive del fenomeno. A renderlo attuale più del solito anche la luce che getta sulla connessione tra stato del territorio e possibili rischi per le infrastrutture di comunicazione che insistono sui punti di criticità, ovvero laddove il fenomeno franoso potrebbe deflagrare o ritornare. Di base, c’è la cognizione che figuriamo tra i paesi europei più esposti sul fronte del rischio, e che ancora nel 2014, sono stati 211 gli eventi franosi principali che hanno fatto vittime (14) e causato anche danni a edifici e infrastrutture di comunicazione. Un paese fragile dove l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia – altrimenti detto Progetto Iffi, che l’Ispra porta avanti con regioni e province autonome- ha censito, ad oggi, 499.511 frane, che hanno finito per interessare un’area pari al 7% del territorio nazionale. La popolazione residente esposta al rischio di danni alla persona conta oltre un milione di italiani, ma con picchi in Sicilia, in Lombardia, nelle Marche, in Campania. Le note dolenti arrivano però quando si passa ad indagare il nesso tra criticità e infrastrutture lineari di comunicazione: l’Ispra stima in “6.180 i punti di criticità per fenomeni franosi lungo la rete stradale principale (autostrade, superstrade, strade statali, tangenziali e raccordi), di cui 720 lungo la rete autostradale. 1.862 punti di criticità per frana sono stati individuati lungo i 16.000 km di rete ferroviaria”. I tracciati stradali e ferroviari potrebbero quindi essere interessati nuovamente da fenomeni già censiti nell’inventario, sebbene lavori di intervento e consolidamento di bonifica dei versanti siano avvenuti nel corso del tempo. Quando si parla di dissesto però non è solo la terra che trema: in ballo ci sono anche le alluvioni, che investono le aree a pericolosità idraulica. Realizzando la mappatura delle aree a pericolosità idraulica elevata, ossia con tempo di ritorno del fenomeno fra 20 e 50 anni , a pericolosità media con tempi di ritorno fra 100 e 200 anni e a pericolosità scarsa, l’Ispra ha rilevato che la popolazione esposta ad alluvioni in Italia è pari a 1.905.898 abitanti nello scenario di pericolosità idraulica elevata ; a 5.842.751 abitanti nello scenario di pericolosità media e a 8.641.815 abitanti nello scenario di pericolosità scarsa. Tra le attività per la mitigazione del rischio dovrebbe esserci – oltre alla pianificazione, alla manutenzione, e agli interventi strutturali di messa in sicurezza – anche quella conoscitiva su scala nazionale: proprio come quella portata avanti dall’inventario IFFI, importante per metodologia e ampiezza di dettaglio. Un lavoro su cui incombe “una carenza di risorse umane ed economiche” nelle strutture tecniche regionali che minacciano l’aggiornamento della banca dati. Secondo il rapporto, una proposta di rifinanziamento è stata approvata dalla conferenza Stato-Regioni nel 2012 ma non è stata ancora attuata: il rischio frane incombe sugli italiani ma si rischia anche lo smottamento della prevenzione laddove venissero a mancare i dati. fonte: www.wired.it/attualita/ambiente/2015/04/15/dissesto-idrogeologico-cosi-in-italia-nel-2014 |