«Spalare la neve non è un’attività raccomandata e chi non lo sa, rischia di morire». Il professor Rosario Rossi, direttore del laboratorio di Emodinamica presso la Cardiologia del Policlinico, conferma la grande pericolosità dello spalaggio della neve, durante il quale il 5 febbraio sono morte tre persone, una a Modena e due a Bastiglia.
Ogni anno cardiologi e cardiochirurghi devono fare i conti con incidenti che potrebbero essere evitati. «Conosciamo bene la situazione», ammette Rossi. «Basta guardarsi in giro per accorgersi che a spalare la neve sono spesso anziani anche perché hanno più tempo libero, ma non dovrebbero farlo. Ogni anno nel periodo in cui si spala la neve, qui in reparto ci mettiamo in stand-by e attendiamo gli arrivi dal pronto soccorso».
Quali sono i fattori scatenanti?
«In questi casi i motivi stimolanti l’infarto sono due. Intanto lo sforzo isometrico. Quando si spala la neve si fa uno sforzo di resistenza, come il sollevamento pesi, che aumenta il post carico, poiché il badile riempito oppone un peso importante. Occorre sollevare il badile, girarsi e buttare la neve da un’altra parte. Lo sforzo aumenta il post carico e il cuore ha bisogno di molta energia e di molto sangue. Il problema si amplifica se la neve si attacca al badile e fa sì che il carico si maggiore del dovuto. Vedo qualcuno immergere l’attrezzo in acqua calda per agevolare il distacco della neve e fa bene».
Insomma, spalare la neve non è come fare una passeggiata.
«Al contrario di una passeggiata o dell’attività aerobica, che sono anzi necessarie per il benessere del cuore, spalare la neve non è un’attività a basso consumo ma ad altissimo consumo energetico per il cuore, che dunque si sforza molto, con un aumento delle richieste».
Qual è il secondo fattore? «È il freddo intenso, che determina l’aumento della vasocostrizione periferica, cioè nelle mani, nelle gambe, nei piedi. Il sangue non riesce a raggiungere le periferie e viene centralizzato verso il cuore con un aumento dello sforzo e della pressione arterisosa. Questa dinamica è tipica del freddo per motivi di regolazione termica. Quando c’è freddo i vasi si restringono e ci dev’essere una vasocostrizione che impone un aumento della pressione e un aumento del lavoro del cuore perché aumenta, come dicevo, il post carico. Inoltre lo sforzo può determinare instabilizzazioni delle placche nelle arterie coronariche, che poi determinano l’infarto». Il Piano neve del Comune di Modena impone a proprietari, inquilini e negozianti di liberare i marciapiedi. Quali consigli si possono dare ai cittadini? |
«I cardiopatici e i soggetti a rischio non devono assolutamente esporsi a temperature basse e a questo tipo di attività perché non fa bene al cuore . Invece uno vede la neve, esce caldo e poco coperto, e comincia a spalare. Così entro mezz’ora rischia l’infarto».
E chi non sa di avere l’ipertensione o altri fattori di rischio?
«Ripeto: si tratta di un’attività non raccomandata perché pericolosa per le coronarie e chi non lo sa rischia. La malattia coronarica è silente per molti anni, ad esempio raramente la placca dà sintomi e chi non lo sa purtoppo può morire. A occuparsi di questo “sport” dovrebbero essere dei professionisti preparati fisicamente e consapevoli del proprio stato di salute».
Su questo genere di rischio esiste anche un’ampia letteratura scientifica. Uno degli ultimi lavori è “Snow-shoveling and the risk of acute coronary syndromes”, spalare la neve e rischio di sindromi coronariche acute. I ricercatori canadesi della Cardiologia del Kingston General Hospital hanno scoperto che dei 500 pazienti che hanno avuto una sindrome coronarica acuta, il 7 per cento (35 pazienti) aveva manifestato i sintomi proprio mentre spalava la neve.
Vincenzo Brancatisano
Gazzetta di Modena