L’Aquila, 9 dicembre 2014 – Dieci milioni di euro quale risarcimento danni per ingiusta detenzione. E’ la richiesta che Giulio Petrilli, nato a Ortona dei Marsi (L’Aquila) ma residente a L’Aquila, ha chiesto al presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi al quale ha inviato una lettera-istanza nella quale racchiude brevemente la sua storia, comunque nota al premier gia’ dallo scorso mese di luglio.
Petrilli, che attualmente si trova a Belgrado per lavoro, fu arrestato il 23 dicembre 1980 con un mandato di cattura firmato ed emesso dal pubblico ministero del Tribunale di Milano Armando Spataro (attualmente procuratore capo del Tribunale di Torino). Il reato di cui fu accusato era di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative (Prima Linea).
La sentenza definitiva di assoluzione e’ stata emessa dalla Cassazione nel luglio 1989 e la detenzione di Petrilli duro’ cinque anni e otto mesi.
Per lui fu carcere duro, sotto regime articolo 90, piu’ ferreo dell’attuale 41 bis. “Anni di isolamento totale – ricorda nell’istanza – blindati dentro celle casseforti, senza piu’ poter scrivere, leggere libri, anche quelli per studi universitari, qualche ora di tv ma solo primo e secondo canale. Un’ora di colloquio al mese con i parenti, ma con i vetri divisori”.
E in quegli anni di condanna Petrilli – che da anni si batte “per avere giustizia giusta” – entro’ in 12 carceri diverse. “Immediatamente dopo la scarcerazione – ricorda – non ero in grado di produrre ricorsi, e’ verificabile dal certificato dell’ospedale militare di Chieti che subito dopo la mia scarcerazione mi esento’ dal servizio di leva per la situazione di fortissimo stress da parte mia, con gravi forme paranoiche depressive che il carcere speciale con l’isolamento totale mi aveva prodotto. Il tutto fu certificato dopo varie visite effettuate nel suddetto ospedale”.
Documentazione acquisita agli atti dalla Corte d’Appello di Milano che nel giugno del 2012 analizzo’ il suo ricorso per la riparazione da ingiusta detenzione.
Ad oggi Petrilli non ha ricevuto alcun indennizzo poiche’, ancorche’ assolto, i giudici ritennero che le sue frequentazioni erano state, tuttavia, poco raccomandabili. “Rispondere in modo positivo o negativo a codesta istanza e’ un mio diritto che spero non rimanga inevaso”.