Donne in stato di gravidanza, escursionisti che in espadrillas decidono di aggredire il Gran Sasso, altri turisti che decidono di mettersi in viaggio non calcolando le proprie forze.
Come è accaduto l’altro ieri pomeriggio sul Monte Prena (2.561 metri, è un vetta del Gran Sasso d’Italia, la sesta per altezza, posta sulla dorsale più orientale del massiccio lungo la cresta che lo collega al vicino Monte Camicia a sud-est e al Monte Brancastello a nord-ovest) dove una giovane escursionista romana distrutta dalla fatica è stata ricondotta a valle grazie all’intervento di un equipaggio del 118 e del tecnico di Soccorso alpino del Cnsas.
Un intervento banale che fa riflettere sull’incoscienza di chi si improvvisa escursionista e scalatore e che ripropone l’annosa e mai risolto problema dei soccorsi che nonostante effettuati da volontari mantengono spese vive che come accade già in altre realtà soprattutto nelle Alpi, dovrebbero essere addebitate allo sprovveduto di turno.
Gli interventi di soccorso sanitario e non sanitario in montagna sono assicurati a qualsiasi ora del giorno e della notte, con qualsiasi condizione meteorologica.
E così lo Stato arriva a pagare il soccorso anche a chi decide di avventurarsi in condizioni non ottimali. (Fonte: Il Messaggero)