TERREMOTO: I CASALESI NELLA RICOSTRUZIONE DELL’AQUILA, 7 ARRESTI

mafia_ricostruzione_indaginiL’Aquila, 25 giugno 2014 – I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria dell’Aquila, impegnati nell’operazione “Dirty Job”, stanno eseguendo sette ordinanze di custodia cautelare (quattro in carcere e tre agli arresti domiciliari), emesse dal Gip Marco Billi, nei confronti di altrettanti imprenditori, operanti nella ricostruzione post-terremoto, per i reati, a vario titolo, di estorsione aggravata dal metodo mafioso e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I provvedimenti sono l’esito di una complessa indagine, diretta dalla Dda del capoluogo abruzzese, sull’infiltrazione dei Casalesi nel tessuto economico aquilano e, in particolare, nei cantieri della ricostruzione degli edifici privati danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009.

L’attivita’ investigativa, coordinata dal procuratore della Repubblica Fausto Cardella e dal sostituto David Mancini, e’ stata svolta dal Gruppo investigazione criminalita’ organizzata del Nucleo di polizia tributaria dell’Aquila, con l’ausilio del Servizio centrale investigazione criminalita’ organizzata di Roma.

I sette provvedimenti restrittivi sono stati firmati dal Gip Marco Billi e riguardano altrettanti imprenditori, operanti nella ricostruzione post-terremoto, per i reati, a vario titolo, di “contiguita’ con il clan dei casalesi”, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Ai domiciliari sono finiti Elio Gizzi, ex presidente dell’Aquila calcio, attuale amministratore e direttore generale della societa’, e i fratelli Dino e Marino Serpetti. Destinatari di misure cautelari in carcere sono invece Alfonso, Cipriano e Domenico Di Tella e Michele Bianchini. Gli imprenditori sono tutti aquilani a eccezione di Bianchini, originario di Avezzano (L’Aquila).

Gli investigatori dello Scico di Roma delle Fiamme gialle e del Gico dell’ Abruzzo hanno appurato come per massimizzare i profitti nei milionari appalti della cosiddetta ricostruzione privata i sette imprenditori coinvolti nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila si rivolgevano alla camorra, in particolare al clan dei Casalesi, per farsi procurare le maestranze a basso prezzo.

I guadagni degli operai formalmente assunti con regolare contratto venivano poi dagli stessi restituiti con versamenti al bancomat.

Secondo il sostituto procuratore della Dda dell’ Aquila, David Mancini, che ha seguito l’ inchiesta, sono almeno una decina i cantieri finiti sotto la lente di ingrandimento della Procura, per un giro d’affari stimato attorno ai 10 milioni di euro. Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, nel corso della conferenza stampa ha auspicato un controllo sulla bonta’ dei lavori edili eseguiti dai Di Tella e il sequestro per equivalenza dai conti correnti degli indagati delle somme indebitamente sottratte alle maestranze per essere cosi’ compensato il maltolto. Dagli accertamenti emergerebbe che gli operai restituivano il 50% dello stipendio.