L’Aquila, 17 dicembre 2013 – Quattro persone sono state condannate per l’occupazione simbolica della Regione, avvenuta il 23 dicembre del 2010.
Eppure, tre anni fa alla Regione eravamo in molti. Andammo dopo un’infuocata assemblea, cui partecipavano forze politiche, sindacali e di categoria. Il governo ci chiedeva la restituzione delle tasse; per la nostra economia allo stremo era vitale ottenere, al contrario, un rinvio.
La nostra protesta fu portata al palazzo della Regione, che avrebbe dovuto essere aperto per il rientro pomeridiano degli impiegati.
Trovammo invece i cancelli chiusi, come era capitato addirittura in occasione di sedute di consiglio regionale, sedute che notoriamente dovrebbero essere pubbliche.
Qualcuno riuscì ad aprire ugualmente, l’occupazione del palazzo vuoto fu pacifica e senza nessun danno (come ha testimoniato lo stesso direttore amministrativo della Regione). Entrati negli uffici degli amministratori regionali, il massimo del nostro dissenso venne espresso attaccando dei post-it sulle scrivanie!! Ironizzammo su noi stessi per quel gesto debole!
In serata, da Roma, arrivarono buone notizie: grazie anche a quell’iniziativa, venne accordata una proroga di altri sei mesi al pagamento dei tributi, una piccola boccata di ossigeno. Per quel provvedimento, molti politici – da Gianni Letta al sindaco Cialente ed altri – si sono appuntati medaglie sul petto. Oggi, però, a pagare per quel gesto di attivismo civile, disinteressato e non-violento, sono solo in quattro. Quattro scelti a caso dalla Questura, tanto da non essere identificati sul posto, come in altre inchieste e in altri processi.
Cittadini puniti per il loro impegno, mentre gli sciacalli continuano a ridersela.
E’ l’ennesimo processo contro quei cittadini che non si rassegnarono e lottarono.
E’ il tentativo di riscrivere la storia di quella stagione di impegno civico e di senso di comunità.
Appello per L’Aquila