Contadino è meglio. Per salvarsi dalla crisi, per avere un lavoro indipendente, per uscire dai ritmi disumani della città. Le terre? Ci sono, basta recuperare quelle pubbliche lasciate incolte, come chiedono sempre più associazioni. Secondo Coldiretti è in corso una vera e propria rivoluzione culturale rispetto ai tempi in cui campagna era sinonimo di arretratezza e sono tanti i giovani pronti al salto. Meglio lavorare la terra che un lavoro lavoro precario, meglio la campagna di un posto in ufficio.
Ne sono convinti la metà dei giovani tra i 18 e i 34 anni contattati dalla Swg per conto della Coldiretti. Giovani – oltre 1600 gli intervistati – che preferirebbero gestire un agriturismo, coltivare la terra, piuttosto che finire dietro la scrivania di una banca (il 23 per cento). Una rivoluzione culturale che non riguarda, solo gli under 40: il 28 per cento degli italiani scambierebbe il proprio lavoro con quello di agricoltore.
E come dargli torto se si prende in esame un altro dato: in controtendenza con l’aumento del numero dei disoccupati in Italia crescono le assunzioni nelle aziende agricole che registrano un incremento record del 3,6 per cento. E la tendenza al rialzo (si basa su dati Istat del 2012) se selezionata, mostra come sia cresciuta: il 7,2 per cento al Nord, l’11,2 al Centro e l’1 al Sud. Non solo: per la Coldiretti si creeranno 100mila nuovi posti di lavoro nel settore nei prossimi tre anni. Oggi i nuovi contadini hanno spesso almeno un diploma in tasca se non una laurea e non per forza in Scienze Agrarie (i titolari di un’azienda agricola con diploma universitario sono aumentati in un anno del 9 per cento, mentre i laureati in altre materie del 24,6% secondo Confagricoltura).
Insomma a conti fatti, un popolo non solo in aumento ma sempre più giovane (si stima infatti che abbia meno di 40 anni un lavoratore dipendente su quattro assunti in agricoltura).
LA GRANDE FUGA VERSO LA CAMPAGNA: “QUI ABBIAMO TROVATO IL NOSTRO FUTURO”
Anna Maria Musotto ha 28 anni faceva l’avvocato a Milano e poi ha deciso di cambiare vita, ha preferito sporcarsi le mani nei campi e coltivare piante in Sicilia. Ha scelto un appezzamento a Pollina e produce agrumi, olive e soprattutto manna un dolcificante naturale, che cresce solo in queste aree del palermitano. Un fenomeno quello dei giovani che decidono di ‘tornare alla terra’ e fare gli agricoltori, in piena espansione. Gli under 35 erano 51.740 nel 2007 e sono diventati 82.110 nel 2010, perché la crisi spinge molti a tornare alle origini (dati Coldiretti). Spesso sono molto preparati: la maggior parte ha titoli di studio specifici (perito agrario, agrotecnico, ha studiato scienze agrarie, viticoltura ed enologia). Molti i meccanici, i geometri, gli esperti di comunicazione, gli ingegneri che hanno scelto di riconvertirsi, senza aver fatto studi specifici nel settore. |
C’è chi poi è stato letteralmente travolto dalla crisi economica e ha trovato nella terra l’unico modo per reinventarsi. Caroline e Massimo Palmieri , quarantenni, sono rimasti disoccupati qualche anno fa. In un’età in cui il mondo del lavoro non offre molto a chi lo perde. Hanno scelto la campagna come unica via d’uscita. “Io lavoravo a Milano per Viaggi del Ventaglio e mia moglie per la Fila nel marketing. Due pezzi di economia italiana che sono scomparsi – dice Massimo – Nel 2008 abbiamo preso le liquidazioni e ci siamo trasferiti tra Iesi e Senigallia con i nostri due figli. Produciamo vino. È stata dura all’inizio, ma ora siamo finalmente in pareggio”.
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