19 gennaio 2013 – Roberto Di Santo, il bombarolo abruzzese che nell’ultima settimana si e’ fatto conoscere per i suoi atti incendiari in segno di protesta contro l’ingiustizia sociale di cui sarebbe vittima anche lui, puntava al Parlamento, dopo aver messo a fuoco l’auto della sorella davanti al portone del Tribunale di Chieti e ad una casa famiglia disabitata del capoluogo teatino.La sua opera, quindi, non era ancora terminata e nel mirino c’erano pure degli istituti penitenziari. “E’ molto convinto di quello che ha fatto – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Pescara, il colonnello Marcello Galanzi – e voleva convincere anche noi”, tant’e’ che ha invitato i militari a leggere i suoi libri. “Una mente brillante, sotto certi aspetti, ma una personalita’ disturbata” – ha proseguito il colonnello facendo notare alcune peculiarita’ dell’uomo.
Di Santo ama i programmi scientifici, ha letto molto e studiato psicologia e sociologia. Anche perche’ quando e’ stato in carcere (bancarotta fraudolenta, ricettazione, detenzione di una pistola clandestina che ha fabbricato lui stesso) era addetto alla biblioteca. Con queste letture si e’ convito di essere “l’ultimo profeta”. Nei giorni di latitanza si e’ camuffato, per andare in giro: oltre ad essersi rasato si truccava con creme e cere che sono state trovate dai carabinieri, quindi era difficilmente riconoscibile.
Per nascondere il camper ha sgonfiato i pneumatici e lo ha infilato in un capannone, coprendo il mezzo con delle lamiere. In questi giorni sarebbe stato sempre li’ ma avrebbe passato una notte nella ex casa famiglia che poi ha incendiato a Chieti. In quella occasione ha usato uno stratagemma: ha lasciato una candela accesa su una poltrona che, consumandosi lentamente, ha fatto partire il rogo. Nel frattempo lui ha raggiunto l’emittente televisiva Rete 8, a Chieti Scalo, dove ha lasciato uno dei suoi videomessaggi facendosi riprendere da una telecamera, e poi e’ di nuovo sparito fino alla cattura.
carcere a Pescara.