E’ attesa nel pomeriggio la sentenza del giudice Giuseppe Grieco del Tribunale dell’Aquila, in relazione al processo riguardante il crollo del Convitto Nazionale in cui, nel terremoto del 6 aprile del 2009, rimasero uccisi tre minorenni e altri due rimasero feriti. Gli imputati sono il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta e il preside della scuola, Livio Bearzi, accusati di omicidio colposo plurimo.
Nel corso dell’udienza l’avvocato di parte civile Antonio Milo, ha avanzato un risarcimento di 3 milioni e mezzo di euro per la morte del giovane Luigi Cellini di Trasacco (L Aquila). I pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio hanno chiesto per i due imputati la condanna a 4 anni di reclusione.
Secondo l’accusa il preside non avrebbe mai sottoposto la vecchia struttura ai restauri. Inoltre non sarebbe mai stato redatto un piano per la sicurezza. A Mazzotta sono mosse contestazioni simili.
Tra le accuse al preside la mancata evacuazione dell’edificio realizzato oltre un secolo fa. Nel corso della sua lunga requisitoria nella precedente udienza il pm Picuti aveva parlato di un “crollo annunciato” perche’ contenuto nella relazione tecnica, redatta nel 2005 della societa’ in house della Regione Abruzzo, “Abruzzo Engineering” nella quale si parlava di fessurazioni nell’edificio, lesioni nei solai, infiltrazioni continue d’acqua, che di fatto “avrebbero indebolito l’edificio”. Il pm ha piu’ volte sottolineato come le parti crollate dell’edificio ed il luogo in cui furono rinvenuti i cadaveri dei giovani convittori fossero gli stessi indicati nella relazione. “Il Convitto – aveva detto il pm in aula – era un tugurio, altro che albergo a cinque stelle. Quello che e’ successo e’ tremendo, il crollo era stato annunciato dieci anni prima e nessuno ha fatto nulla per evitarlo”. |
Per il sostituto procuratore dell’Aquila, “sarebbe bastato un po’ di buon senso da parte di Mazzotta di provvedere alla chiusura dell’edificio, come aveva fatto ad esempio il sindaco dell’Aquila, per le scuole di primo grado, il 5 aprile, quando la citta’ subi’ una scossa di magnitudo 4. Bastava prendere coscienza che l’edificio non era idoneo all’attivita’ che all’epoca si esercitava, quella di scuola, segnalare agli organi competenti; invece tutto questo non e’ stato fatto, la fatiscenza era acclarata e questo imponeva una segnalazione”. Livio Bearzi, “che per legge aveva il compito di neutralizzare ogni pericolo sul luogo di lavoro, ovvero in cui si trovavano a dormire e a studiare gli alunni, non ha assolto agli obblighi”.