PAGAMENTO UTENZE NEL PROGETTO C.A.S.E.: RIFLESSIONI DI UNA CITTADINA

Riguardo la questione delle utenze da pagare nel progetto C.A.S.E., riportiamo la riflessione di una  nostra lettrice.

LA LETTERINA… DELLA BEFANA

Sulla stampa odierna si torna a parlare delle bollette di luce, gas e acqua relative ai consumi del progetto C.A.S.E. Si tratta di 10 milioni di euro che il Comune deve pagare ai vari gestori.

Il criterio individuato, per la ripartizione delle quote, consiste nel far pagare 1,61 euro al mese per metro quadrato, per il periodo aprile 2010-novembre 2010 (recupero dell’arretrato) e fino ad aprile 2013 per il periodo corrente. A marzo-aprile 2013 il Comune invierà i conguagli sui consumi effettivi. La rata mensile massima sarà di 300 euro, quella media di 185 euro. L’acconto massimo che verrà richiesto sarà di 5.500 euro, quello medio di 2.500 euro.

Questi i numeri, nudi e crudi!

Ripeto, ancora una volta, quello che ho avuto già modo di osservare: intanto, penso sia necessario chiarire un aspetto: gli assegnatari del progetto C.A.S.E. stanno pagando le utenze a loro intestate: Enel Energia, Enel Gas domestico; acqua fredda (quest’ultima è in arrivo), con spese di sottoscrizione contratti e spese di consumi dall’ingresso nell’alloggio.

Non si sono pagate le bollette relative al consumo gas per riscaldamento, per il consumo dell’acqua sanitaria e per l’elettricità (mi chiedo se ci si riferisca, in questo caso, alla energia elettrica condominiale e luce lampioni) che riguardano le richieste di pagamento in arrivo.


Ora, ogni alloggio ha i suoi contatori, compresi quelli che segnano i consumi del gas riscaldamento ed acqua sanitaria, consumi che vengono espressi in kilocalorie. Mi chiedo: se il Comune è in grado di fare i conguagli sui consumi effettivi (e ciò penso possa essere fatto “rapportando” i consumi in metri cubi alle kilocalorie), perché ciò non è stato fatto prima, nonostante i 350 mila euro che la Protezione Civile ha pagato alle allora società di condominio che hanno redatto i regolamenti condominiali? Nella delibera comunale per approvare il regolamento condominiali del dicembre 2011, perché i regolamenti già costati centinaia di migliaia di euro non si “attanagliavano” al progetto C.A.S.E., si faceva riferimento ad una gara pubblica per individuare le società alle quali affidare la gestione condominiale. Di questa gara pubblica, ad oggi, nemmeno l’ombra! E poi  mi chiedo ancora: il conguaglio funziona se le successive bollette vengono recapitate all’utente dal gestore, che opera una compensazione su quelle future. Ma se io lascio l’alloggio temporaneo, come spero che nel corso del 2013 sarà possibile per centinaia di nuclei familiari, gli importi pagati in più chi me li restituisce? Il Comune?  E con quali modalità? Attraverso un rimborso delle somme, iscritto a quale capitolo di bilancio?

Dividere le quote da pagare, su un ammontare complessivo, non mi sembra un criterio legittimo: intanto, ogni piastra ha il suo contatore di gas e forse si poteva prendere a base il consumo delle singole piastre; non solo: io, come i miei genitori, utilizziamo il sistema dell’orario impostato e, quindi, il riscaldamento parte a quell’orario, se la temperatura scende al di sotto di quella anch’essa impostata: è quello che ho sempre fatto a casa, con la caldaia singola. E’ un  sistema giusto anche per impianti condominiali? Non so, ma nessuno ci ha detto di comportarci diversamente o, meglio, come comportarci, anche perché le caldaie condominiali di cui io ho memoria  andavano in accensione per tutti i condomini alla stessa ora e per la stessa durata per cui la ripartizione delle quote da pagare, per millesimi, era un criterio corretto. Resta il fatto che, utilizzando il criterio scelto da Comune, adesso le mie quattro ore di riscaldamento solo diurno scompaiono nei consumi generali dei 4.449 alloggi. Le modalità di pagamento adottate non tengono conto dei consumi effettuati da coloro che tengono acceso nell’intero arco delle 24 ore stando dentro casa in maniche corte e, soprattutto, non tengono conto dei consumi relativi agli alloggi non assegnati, all’interno dei quali, per esperienza diretta, il riscaldamento è pure in funzione. E poi perché non considerare coloro che il riscaldamento non lo tengono acceso? Ed anche  i consumi dell’acqua calda, perché rapportarli ai metri quadri? Tutti conosciamo la vicenda dei nuclei compressi: un nucleo familiare grande rispetto alla metratura dell’alloggio. Si ritiene che il consumo dell’acqua calda, ad esempio per la doccia, sia lo stesso se in quei metri quadri ci vivono due o tre/quattro persone?

Mi chiedo anche perché il massimo delle rate concedibili sia di 18 rate, quando vi è la possibilità di rateizzare fino a 24 mesi. Beneficio, questo, che tutti i residenti del Comune potevano chiedere ai gestori e possono chiedere ancora oggi. Non è un “aiuto” per pochi privilegiati, come sembra voler sostenere l’assessore all’assistenza alla popolazione.

Fatti due conti, i miei genitori verrebbero a pagare, per lo stesso periodo considerato, di più di quanto pagavano nella loro casa, tra l’altro una casa il doppio di quella dove adesso dimorano e compresi anche i consumi per l’acqua calda.

In questi giorni stanno pervenendo anche le bollette TARSU con le quali si richiede il pagamento, sempre dell’alloggio progetto C.A.S.E., degli ultimi due mesi del 2009; dell’anno 2010, nonché la TARSU per i  primi tre mesi del 2009 delle nostre case inagibili dall’aprile 2009: pagamenti che, ancorché ridotti al 40 per cento, insieme alla TARSU 2012 sempre progetto C.A.S.E. (la TARSU 2011 è stata pagata), già ha portato via più di cento euro, se l’annualità 2012 si è scelto di pagarla in quattro rate. Ci sono gli affitti da pagare per coloro che erano affittuari: per un monolocale di 46 metri quadri, l’assegnatario paga 700 euro di arretrati, più 96 euro mensili. A tutto questo, si va ad aggiungere il pagamento che a breve verrà richiesto per le spese condominiali, che interesserà tutti, affittuari e proprietari.


Pensavo che, grazie ai pannelli fotovoltaici e solari, grazie alla classe A – fiori all’occhiello dei 19 insediamenti – i consumi sarebbero stati inferiori. Pensavo, ancora, che qualcuno si sarebbe preoccupato di far capire a Roma la necessità di risorse per far fronte a queste spese che, ora, si chiedono agli aquilani terremotati. Varie ordinanze hanno assegnato ai Comuni del cratere risorse per i mancati introiti, in particolare per  TARSU e ICI: mi piacerebbe sapere se a quanto ammontano queste risorse e per quale motivo il Comune non si è battuto affinché le risorse assegnate coprissero i reali mancati introiti. Dopo la scelta della Giunta di far pagare il 40% della TARSU anche ai soggetti inclusi nei ruoli accertamento anno 2006, avevo pensato che il Comune non aveva necessità di chiedere il pagamento TARSU di settembre e ottobre 2009 ai terremotati stipati nei progetti C.A.S.E. Così come pensavo che alle imprese, indistintamente,  non venisse applicata la riduzione del 40% della TARSU, rientrando anche i tributi locali nel concetto di aiuti di Stato.

Non pensavo bene. Ma è consapevole il Comune di L’Aquila del carico economico, tra l’altro arrivato tutto insieme, al quale dovranno far fronte le famiglie? Come pagheranno coloro che hanno perso il lavoro? O i pensionati al minimo, ai quali non basterà la pensione per pagare tutte le bollette già arrivate e in arrivo, magari tutte rateizzate ma che vedranno volare via l’intera pensione? A cosa è servito lo stato di emergenza? Soltanto a permettere deroghe alla normativa,  se ora, con il ritorno all’ordinario, vengono chiesti ulteriori salatissimi pagamenti, riferiti, per la maggior parte, al periodo persisteva lo stato di emergenza? Ed è un ragionamento che riguarda tutti i cittadini, anche a coloro che sono in altre situazioni assistenziali. Noi cittadini, non titolari di partita IVA, non iscritti a Ordini professionali o a associazioni  di categoria, dobbiamo sempre pagare, e pagare tutto. Magari pagheremo anche la multa per gli aiuti di Stato, a febbraio 2013!

Quando perverrà, da parte del Comune, la letterina della Befana, vedrò quello che mi viene chiesto di pagare: se lo ritengo equo perché rapportato ai miei consumi, pagherò, altrimenti tutelerò i miei diritti. Come ho sempre fatto.

L’Aquila, 18 dicembre 2012

Pina Lauria