BERTOLASO SCRIVE DAL SUDAN: UNA PAUSA PER RISPONDERE ALLE CHIACCHIERE DI REPUBBLICA

24 luglio 2012 – Dal blog di Guido Bertolaso (articolo del 18 luglio)

Come molti amici già sanno, in questi mesi lavoro all’Ospedale “Beniamino Andreatta” di Yrol, nel Sud del Sudan, dove sto recuperando la mia antica attività di medico e mi confronto ogni giorno con veri e propri drammi di tante persone, e tanti bambini, sospese tra la vita e la morte. A questo mi dedico, a questo penso di continuo.

Nonostante tutto, alcuni amici mi tengono aggiornato sulle notizie che escono su di me sui quotidiani italiani. Oggi mi hanno raccontato di una ennesima notizia, fornita da un mio accanito biografo, di quelli che già mi hanno condannato sui media, relativa alle intercettazioni effettuate sui miei telefoni cellulari.

Questa volta però, se ho capito bene il racconto che mi è stato fatto, mi tocca da un lato precisare ciò che scrive il giornalista, ma dall’altra ringraziare davvero repubblica perché, involontariamente, contribuisce a confermare il fatto che, come ripeto da quasi tre anni, sono totalmente estraneo a qualsiasi vicenda malavitosa collegata ai “grandi eventi”. Correttamente si riporta il fatto che i miei due cellulari sono stati intercettati per 40 giorni. Delle migliaia di telefonate registrate in quel periodo, neppure una è stata ritenuta utile ai fini delle indagini.

In quei giorni si registrano un numero esiguo di chiamate del Sig. Anemone al sottoscritto – che certamente non chiamava “di continuo”, altrimenti risulterebbe – solo per questioni di lavori in corso alla Maddalena. Il tono delle telefonate è inequivocabile. Quelle riferite dal giornalista relative alle sedute di fisioterapia e non di massaggi a sfondo sessuale sono state registrate dai telefoni dei Sig.ri Anemone e Rossetti sei mesi prima che gli inquirenti mettessero sotto controllo i miei cellulari. Dagli atti emerge chiaramente come i magistrati avessero deciso tali intercettazioni proprio perché non riuscivano ad avere nulla da imputare al sottoscritto di penalmente rilevante. Lo stesso accade durante i 40 giorni di intercettazioni: anche questa considerazione emerge dagli atti dell’indagine.

La vicenda più clamorosa riguarda però la decisione di interrompere le intercettazioni ai miei due telefonini, presa proprio quando…”Bertolaso diviene il perno di tutte le operazioni a seguito del sisma aquilano, il terminale con il quale il mondo politico si relaziona per intervenire su l’Aquila….”! La cosa si deve leggere così: un sospettato, nel momento in cui riceve carta bianca per gestire due miliardi di euro per i soccorsi agli abruzzesi e potrebbe pertanto, se davvero fosse un corrotto, aiutare amici, parenti e politici oltre a quelli che ridevano quella notte, viene invece inspiegabilmente escluso dai controlli! Davvero un bel modo di condurre indagini obiettive ed imparziali!

Per fortuna, sebbene mai nessun giornale lo abbia riportato, gli altri indagati continuano ad essere intercettati ed è dalle loro telefonate, successive al 6 aprile, che si scopre la loro grande delusione per non essere mai stati coinvolti in Abruzzo e l’angoscia per aver subito, dal sottoscritto, un taglio di 50 milioni di euro dai contratti che, contrariamente a quanto scritto da Repubblica, non sono neanche mai stati visti dal sottoscritto. Ciò che affermo dovrebbe ormai essere emerso con chiarezza in sede processuale. Peccato che anche su questo punto il giornalista di Repubblica sia come spesso gli accade impreciso: il processo di Perugia non si è mai aperto lo scorso 22 aprile, bensì aggiornato – parrebbe, visto che non ci sono certezze di sorta – alla fine di settembre.

Questo è quanto. Mi sono preso una pausa, per rispondere ancora una volta a delle chiacchiere. Adesso torno dentro l’Ospedale, ancora più convinto della buona scelta che ho fatto venendo qui, ad occuparmi di nuovo delle cose serie.