15 luglio 2012 – Il comunicato stampa del Dipartimento di Protezione Civile
In seguito alle dichiarazioni di alcuni sindaci delle zone terremotate riferite al contenuto della nota sulle procedure autorizzative per gli interventi provvisionali indirizzata, venerdì 13 luglio, dal Capo del Dipartimento della Protezione civile ai Direttori di Protezione civile delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, è utile fornire alcuni elementi di dettaglio.
In particolare, in riferimento alle spese gravanti sui 50 milioni di euro disponibili sul Fondo Nazionale per la Protezione civile, è bene precisare che la semplice sottrazione secondo cui “di 50 milioni, 47 [sono stati] già spesi per Vigili e Protezione Civile” non corrisponde al vero.
Nel dettaglio, i 14,5 milioni di euro presentati da un articolo di giornale come “il conto della Protezione Civile” sono, in realtà, destinati al ripristino e reintegro dei beni di pronto impiego (tende, generatori e impianti elettrici campali, letti, moduli bagni, ecc) utilizzati nelle zone terremotate, allo scopo di garantire l’operatività del Servizio nazionale di protezione civile in caso di future possibili emergenze; nello specifico, 10 milioni sono per i materiali forniti dal Dipartimento della Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno, e 4,5 milioni per i materiali di proprietà delle organizzazioni di volontariato inserite nelle colonne mobili nazionali e regionali, nonché della Croce Rossa.
Queste sono risorse dell’Italia, non della Protezione Civile: la loro immediata disponibilità è essenziale per assicurare la prontezza di intervento del sistema in un Paese in cui, purtroppo, i rischi sono numerosi ed è impossibile prevedere quando e dove ci potrebbe essere una nuova emergenza. I 33 milioni di euro riferiti a oneri di personale per le forze dello Stato (di cui circa 26 milioni per il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) – segnalati anch’essi in un articolo −, invece, non sono stati inseriti nel conto, come erroneamente riportato.
Le attività di assistenza alla popolazione, naturalmente, non si interrompono, così come il Capo Dipartimento non ha mai pensato di “chiudere anticipatamente lo stato d’emergenza” come sosteneva ieri il Sindaco di Moglia. Semplicemente − in considerazione dell’elevato costo di molte delle richieste di intervento provvisionale presentate dalle amministrazioni, che spesso prevedono la messa in sicurezza di interi edifici magari a carattere storico o monumentale – si è ritenuto più corretto continuare ad attingere al Fondo di Protezione Civile per le spese destinate alla popolazione in senso stretto, rimettendo le altre alla competenza dei Presidenti di Regione- Commissari per l’assistenza alla popolazione oltre che per la ricostruzione.
Le risorse – sia i 50 milioni del Fondo Nazionale per la Protezione civile sia i 2,5 miliardi di euro stanziati con il decreto legge 74 (dei quali 2 miliardi devono ancora essere ripartiti tra le tre Regioni) – sono soldi dello Stato, stanziati dal Consiglio dei Ministri per la stessa emergenza, semplicemente in due diversi provvedimenti e posti sotto la disponibilità di organi diversi.
Un’ultima considerazione: l’impiego dei Vigili del Fuoco, delle Forze Armate e di tutte le altre strutture facenti parte del Servizio nazionale della Protezione Civile – sempre invocate a gran voce, e giustamente, da cittadini e amministratori quando un’emergenza colpisce il nostro territorio – ha un costo ed è un costo significativo: ciò è giusto e normale quando, con slancio e generosità, vengono messe in campo professionalità di prim’ordine, strumenti e attrezzature avanzate per soccorrere o aiutare la popolazione in una calamità.
Le preoccupazioni dei sindaci, insomma, nascono da una non corretta conoscenza della situazione generale; come spesso accade, sarebbe bastata una telefonata al Dipartimento della Protezione Civile per acquisire tutti gli elementi necessari a valutare il reale stato delle cose.