L’Aquila, 3 luglio 2012 – Di Amedeo Esposito
“Centronia” (le regioni del cento Italia) è acronimo non certo elegante, ma che ha una valenza intrinseca da inorgoglire, ormai da decenni, ogni abruzzese. Ad eccezione, però, del governatore in carica, Gianni Chiodi, il quale a Catanzaro, nel confronto con i suoi omologhi del Sud, ha detto: “ci fa piacere essere considerati una regione meridionale”. Così distruggendo, in un attimo, la condivisa volontà dei padri dell’ente regionale, quali Mattucci, Novello, Fabiani, Aiardi, Tancredi e, perché no, i successori Melilla ed anche i Ricciuti, i quali non esitarono di far entrare l’Abruzzo nel novero delle regioni centrali: Lazio, Marche, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna, immediatamente dopo aver superato, proficuamente, la soglia più alta del reddito pro-capite. Per cui la regione uscì dai benefici delle norme comunitarie riservate alle zone sottosviluppate (quelle sì, meridionali allora come ora) del Mezzogiorno.
Abruzzotornò a testa alta sulle antiche vie dell’alta cultura economica e politica, mortificata grandemente in questi ultimi anni dalla ignoranza (ndr, nel senso di ignorare) dei nostri amministratori e politici.
Ha notizia il presidente Chiodi del trentennale documento di adesione al pool delle regioni centrali dei piccoli industriali del teramano (quelli delle lavanderie dei jeans) che aspiravano, e forse ancora aspirano, a far parte del “piccolo e bello” (ancora esaltato da De Rita) ideato e attuato dalla Confindustria che lo impose in tutte le zone italiane, soprattutto a quelle settentrionali, dopo aver verificato i risultati dell’effervescente economia teramana legata a fil doppio con quella marchigiana? Si informi, Presidente Chiodi: avrà di che ricredersi delle sue affermazioni catanzaresi, poiché – come ebbe pubblicamente a dire il primo ministro on. Pella a “Italia ‘61” – l’Abruzzo è il Piemonte del Sud, non regione meridionale.