Se durante una vacanza a Tokyo vi state trastullando, nella vostra stanza in albergo, con le trasmissioni dell’emittente pubblica NHK, potreste incappare in una spiacevole interruzione dei programmi:
È l’annuncio automatico di un terremoto imminente, diramato dall’Agenzia meteorologica giapponese (l’ente preposto allo studio scientifico dei terremoti, ruolo che in Italia compete a INGV). Nel video qui proposto, l’allarme si riferisce nientemeno che al terremoto di Fukushima dell’11 aprile 2011. Già all’epoca ne avevamo parlato su Jekyll. In Italia non abbiamo nulla del genere, ma sistemi del genere sono già in uso da tempo in Giappone, a Taiwan, in Messico e in California: si tratta di sistemi in grado di diramare un allerta rapido non appena almeno due sismometri della rete locale (per evitare falsi allarmi dovuti al guasto di un solo sismometro) segnalano un forte scuotimento in atto. L’allerta viene diramato automaticamente via radio e televisione, sugli schermi dei computer e degli iPhone, e innesca la frenatura automatica degli Shinkansen giapponesi e dei treni della BART (il trasporto ferroviario della regione di San Francisco). L’anticipo consentito è, al più, di pochi secondi, che però sono più che sufficienti per cercare riparo o semplicemente per essere consapevoli che una scossa è imminente, evitando reazioni di panico quando si cominciano ad avvertire le vibrazioni. Un sistema del genere è assolutamente inutile per chi si trova in prossimità dell’epicentro, dove pure i danni saranno maggiori, ma fa una grande differenza per chi risiede più lontano: nel filmato riportato l’allarme scatta in diretta all’istante 00:15, ma il terremoto colpisce Tokyo, dove si trova lo studio televisivo, solo 40 secondi più tardi. La propagazione delle onde di terremoto è, infatti, tutt’altro che istantanea: le onde P (primarie), più rapide, procedono a una velocità compresa tra i 5 e i 15 km/s a seconda delle proprietà elastiche del sottosuolo; le onde S (secondarie), più lente ma più distruttive, viaggiano al 60-70% della velocità delle onde P. Un sistema del genere sarebbe efficace anche in Italia? Lo svantaggio principale di un Earthquake Early Warning System, come si sarà intuito, è la scarsa tempestività: l’allarme risulta utile solo a chi vive sufficientemente lontano dal luogo dell’epicentro, e questa è una forte limitazione alla sua utilità pratica. Mentre il Giappone è abituato a terremoti molto intensi, infatti, l’Italia è caratterizzata da terremoti più moderati, con rare eccezioni. Nel caso della recente sequenza sismica nella Bassa Modenese, per esempio, i crolli di edifici sono stati circoscritti a un’area di poche decine di km di raggio: una regione in cui, comunque, l’allarme preventivo sarebbe arrivato ben dopo le prime oscillazioni di terremoto. Eppure, in caso di terremoti più intensi, un sistema del genere potrebbe fare la differenza. |
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Il terremoto dell’Irpinia del 1980, per esempio, provocò il crollo di numerosi edifici fatiscenti a Napoli, a circa 85 km dall’epicentro. Assumendo un tempo di reazione di 5 secondi da parte dell’ipotetico sistema di preallarme, i napoletani avrebbero comunque ricevuto l’allerta 5 secondi prima di percepire le prime vibrazioni, e 10 secondi prima dell’arrivo delle onde S, le più pericolose per la stabilità degli edifici. Un tempo più che sufficiente non certo per scappare fuori di casa (grave errore in caso di terremoto in atto), ma per rifugiarsi per tempo sotto una scrivania o individuare il muro portante più vicino, come raccomandato da tutte le autorità in materia – giapponesi e italiane.
Risalendo più indietro, il drammatico terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 provocò ingenti crolli – per esempio – a Caltagirone, nel Catanese, a circa 140 km dall’epicentro. In questo caso, i tempi a disposizione sarebbero stati di 10 secondi per le prime oscillazioni e di quasi 20 secondi per le onde S: del tutto sufficienti per prendere le dovute precauzioni.
Nel 1908 la televisione (e l’iPhone) non esistevano. Oggi sì, ma resta comunque difficile valutare la convenienza che un sistema del genere potrebbe avere per la penisola italiana. In letteratura scientifica già si trovano studi sulla possibile implementazione di sistemi del genere su scala regionale (per esempio in Campania o in Lombardia). Gestire e mantenere in costante efficienza una rete capillare di sismometri, però, non è economico. La soluzione più efficace e opportuna rimane ancora una sola: la prevenzione, con l’adozione (e il rispetto) di normative antisismiche stringenti per la costruzione e la ristrutturazione degli edifici.
di Fabio Bettani |
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